Contratti: Camusso, una firma giusta per il futuro del Paese, ora il governo lasci

22 -09-2011

Lavoratori in piazza che protestano e la polizia che li aggredisce. Sono i lavoratori della Irisbus, da mesi senza stipendio. Nei manganelli che tagliano l’aria, nelle divise antisommossa, negli spintoni è l’immagine di un Paese poco civile e dell’inclinazione ancor meno civile di un governo verso i problemi del lavoro. Come è successo altre volte, succedeva anche ieri a Roma, poche ore dopo la firma definitiva sull’accordo del 28 giugno, accordo che potrebbe essere il primo mattone di un Paese diverso, per il futuro, accordo che stabilisce principi fondamentali: che la contrattazione spetta alle parti sociali in autonomia, che si fanno contratti che valgono per tutti i lavoratori. Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, rivendica il valore di una scelta compiuta malgrado difficoltà, diffidenze, malgrado divisioni anche nel sindacato. Sconfitto il governo? Sconfitta l’idea dell’articolo 8, lasciapassare per la liquidazione dei contratti nazionali?«Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno confermato il 21 settembre ciò che era stato sottoscritto il 28 giugno: l’articolo 8, arrivato dopo, non può rimettere in discussione autonomia e contratti nazionali, il governo non può intervenire modificando a piacere le relazioni sindacali, cercando di delegittimare la rappresentanza delle parti sociali, creando condizioni perché si presentino, qui e là, sigle di comodo, allestendo contratti di comodo, negando il quadro nazionale. Questa è una risposta al tentativo ripetuto di scaricare sul lavoro tutti i guai di questo Paese. Da tempo è sembrato di assistere ad una sorta di esercizio di vendetta sociale nei confronti di chi ha cercato di fronteggiare questo tentativo. L’ostinazione punitiva del governo è la dimostrazione di quanto il sindacato sia rappresentativo della società italiana. Non lo fosse, come sostengono, se ne sarebbero fregati». Al Segretario della CGIL tocca subito una verifica: oggi s’apre a Cervia l’assemblea nazionale della FIOM…«Spiegheremo le ragioni per cui riteniamo importante, in questo momento, questa conclusione. Per lunedì è convocato il direttivo della CGIL. Seguirà la consultazione di tutti i lavoratori iscritti». L’articolo 8 resta in piedi, però…«Con questa firma l’articolo 8 è stato ufficialmente dichiarato inutile ai fini della contrattazione. Le parti sociali hanno scelto un’altra strada, ma la nostra mobilitazione contro l’articolo 8 continuerà, anche, come si è già annunciato, ponendo una questione di costituzionalità. Ci rivolgiamo però alle forze politiche d’opposizione, perché si impegnino per l’abrogazione. Perché lo scrivano nei loro programmi elettorali. Aggiungo che il capogruppo del Pd Franceschini ha fatto sapere d’aver pronto un progetto di legge. Semplicissimo, un solo articolo: abroghiamo l’articolo 8. L’accordo ovviamente deve realizzarsi nei fatti, lo chiederemo a tutti. Abi e bancari stanno già lavorando». Ma ci si può fermare al 28 giugno?«Non neghiamo che esista un problema di qualità della contrattazione a tutti i livelli. Abbiamo posto una premessa, stabilendo che la rappresentanza è una cosa seria e che si può misurare, respingendo le velleità di qualcuno al governo che avrebbe voluto essere lui a distribuire patenti di rappresentatività». La firma dice qualcosa di nuovo sullo stato dei rapporti tra i sindacati?«Dice che una crisi grave come questa non può diventare un’occasione per colpire i diritti dei lavoratori, dice che siamo tutti convinti che non esiste rilancio se non si rimette al centro il lavoro. Credo che vi sia conferma dell’importanza dello sciopero del 6 settembre: in quelle manifestazioni s’è mostrato un Paese capace di reagire alle logiche depressive imposte dal governo, un governo che ha nascosto la crisi, che ha protetto evasori e speculatori e ha giustificato la propria inettitudine sostenendo che non si fa ripresa per decreto. Per decreto però ha peggiorato lo stato del Paese, inventandosi manovre finanziarie che ci lasciano dopo tanti sacrifici sempre al punto di partenza, perché mai si indica un obiettivo di rilancio. Lo sciopero del 6 settembre ha reclamato discontinuità e mi sembra che sulla necessità di interrompere al più presto questo ciclo politico si ritrovino ormai in molti. Anche Confindustria e in modo molto chiaro. La vera manovra da fare sono le dimissioni del governo. Il governo se ne deve andare». Però il governo resta…«Resta, pur rappresentando un peso insopportabile. Quando cadrà, tireremo un sospiro di sollievo e dall’estero ci guarderanno in altro modo. L’Italia ha ancora qualcosa di buono da mostrare e non merita il castigo di un esecutivo che non sa balbettare una politica economica». Però questo governo ha promesso un piano decennale…«Siamo al ridicolo. Non sanno proporre qualcosa per il presente e annunciano piani decennali. Sembra di tornare all’epoca dell’Unione sovietica, che i piani decennali sapeva pure realizzarli. Ma è ben strano che proprio gli ultraliberisti berlusconiani riscoprano con l’acqua alla gola la pianificazione, senza un numero però, senza una proposta. Un po’ di pianificazione servirebbe, ma la pianificazione è una cosa seria». Sappiamo di un suo contrasto con il sindaco di Roma, Alemanno, a proposito di piazze e manifestazioni…«Alemanno si deve rendere conto che se Roma è la capitale, a Roma si deve venire per manifestare contro il governo. Lo faremo ancora. A proposito di manifestazioni, ricordiamoci di Irisbus: polizia contro i lavoratori, questa è la logica di un governo che lascia marcire le crisi aziendali solo tergiversando e rinviando». Tornerete a Roma per una manifestazione nazionale? Alemanno si sentirà male…«Saranno mesi di mobilitazione. L’8 ottobre sarà la giornata dei lavoratori pubblici, pubblico impiego, scuola, università, sui quali questa manovra peserà in modo insopportabile. E non ci fermeremo».

http://www.cgil.it/DettaglioDocumento.aspx?ID=17301


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