Covid-19 aggrava disagio sociale, in Puglia già  il 21% viveva condizione di povertà  relativa

L'analisi del segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, di alcuni indicatori che segnalano il già pre esistente diffuso stato di difficoltà che vivevano lavoratori e famiglie in Puglia

30-03-2020 12:43:18

“Alcune pretestuose polemiche politiche seguite all’idea di un intervento straordinario, più robusto di quanto già decretato, a sostegno dei redditi delle famiglie italiane e dei lavoratori più colpiti, forse non tiene conto della realtà che già viveva gran parte del Mezzogiorno, e nel nostro caso la Puglia, prima di questa emergenza”. E’ quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, che ricorda alcuni indicatori che segnalano il diffuso disagio sociale pre esistente.

“Partiamo dalla fotografia di quella che era la Puglia prima di questa pandemia. L’indice di occupazione sotto la soglia del 50%, la disoccupazione giovanile fino a 24 anni che sfiora il 50%, lavoratori a bassa paga – cioè con retribuzione inferiore a 2/3 di quella media - che sono quasi il 20% del totale. La soglia del disagio, l’incidenza della povertà relativa, che tocca il 21,6%, cioè un pugliese su cinque è in difficoltà. Addirittura il 43% dei minori è a rischio esclusione sociale. Poi ci sono gli anziani, che vivono con pensioni medie di 600 euro. Le persone che hanno fatto domanda per il Reddito di Cittadinanza che sono 100mila, un numero che va moltiplicato per i componenti del nucleo familiare”.

Numeri che parlavano comunque “di una regioni dalle forti fragilità sociali, che aveva bisogno di lavoro, occupazione, sviluppo, ma anche strumenti di welfare. A questo scenario ora si sommano quanti hanno perso il lavoro perché occupati in attività che sono state costrette a chiudere, i piccoli commercianti, gli artigiani, gli autonomi, che comunque hanno visto ridurre se non azzerate le proprie entrate”.

Ecco da dove nasce l’allarme in Puglia, “forti criticità causate dal blocco che si sommano a fragilità già evidenti. E da qui nasce la necessità di strumenti più estesi di tutela. E’ sbagliato dire che si premia il lavoro nero o grigio, magari qualcuno era già percettore di qualche paracadute sociale o se non lo era ora ha perso anche quella fonte di reddito e ha diritto al sostegno dello Stato, che deve essere generalizzato, perché la fascia di famiglie in difficoltà si è estesa. Allora chiamiamolo reddito di quarantena, chiamiamolo come volete, ma è indubbio che bisogna mettere soldi nelle tasche delle famiglie colpite da questa crisi”.

Fanno paure le stime del Cerved, “con previsioni allarmanti sulla caduta del Pil regionale, dal 7 al 16% sulla base di quanto durerà il blocco. Altri ancora parlano di 300mila posti di lavoro a rischio. Per fare un confronto, la crisi del 2008 ha prodotto una perdita di 120mila posti di lavoro in Puglia, che stavamo recuperando con difficoltà, ed era purtroppo soprattutto lavoro precario”.

“In questi mesi, a partire da quella fotografia illustrata all’inizio, non siamo certo stati fermi – conclude Gesmundo -. Al tavolo del partenariato sociale abbiamo interloquito con la Regione, con associazioni come Alleanza contro la povertà, per costruire strumenti che estendessero tutele e sostegno pubblico a favore di chi vive un grave disagio sociale. Non a caso solo a febbraio la Regione Puglia ha stanziato 10 milioni per il reddito di dignità e 60 milioni per i servizi territoriali. Domani ci sarà una video conferenza con gli assessori al lavoro e al welfare, con i sindacati, l’Anci, il terzo settore, per capire come intervenire in questa fase, anche alla luce delle risorse stanziate dal Governo. Non è questione di nome ma di formule, e quel che è evidente è che se vogliamo evitare tensioni sociali le famiglie in difficoltà vanno aiutate e pure in tempi strettissimi. In questo senso va anche l’intesa con Regione e Abi affinché le banche anticipino la cassa integrazione ai lavoratori ed è necessario discutere di come rimodulare i fondi comunitari, stando attenti allo stesso modo che non un euro che è destinato al Mezzogiorno del Fondo di Coesione venga finisca su altre voci di bilancio. Su questo vigileremo con rigore”.


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