Denuncia Flai: imprenditori impuniti vantano convenienza nel ricorrere a lavoro nero

Conveniente per chi? Si chiede in una nota il segretario generale della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi, “forse per chi pensa di fare profitto sulla pelle dei lavoratori, sicuramente! Per chi pensa che violando le leggi in uno Stato di diritto rimane sfacciatamente impunito.

21-09-2017 12:20:48

“Nell’era della Legge n. 199 del 2016, conosciuta con il nome di legge anticaporalato, ci sono imprenditori agricoli che candidamente e pubblicamente continuano a dichiarare di utilizzare il lavoro nero e i caporali semplicemente perché lavorare in nero è più conveniente”.

Conveniente per chi? Si chiede in una nota il segretario generale della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi, “forse per chi pensa di fare profitto sulla pelle dei lavoratori, sicuramente! Per chi pensa che violando le leggi in uno Stato di diritto rimane sfacciatamente impunito. Eppure sì, è così, ci sono imprenditori agricoli, non solo in Terra di Bari, che pensano che il costante uso del lavoro nero, di quello grigio, del caporale, lo sfruttamento lavorativo consenta di tenere in vita le aziende”.

Si comprenderà mai che il lavoro nero e lo sfruttamento sono contro la legge e recano un danno alla collettività e anche agli imprenditori onesti?, domanda ancora Galiardi. “Siamo maggiormente convinti che la strada imboccata con l’approvazione della Legge n. 199 del 2016, contro lo sfruttamento lavorativo e il caporalato, abbia centrato la necessità di modificare soprattutto sul piano culturale un fenomeno che devia in modo tragico, come sempre più spesso accade, le più elementari regole in materia di mercato del lavoro che non può essere più tollerato. Spesso ci si dimentica che nella Costituzione, quando si cita il diritto al lavoro, si intende che quel lavoro deve essere sano sotto ogni profilo, partendo dall’obbligo di un regolare contratto di assunzione, passando da un salario stabilito ed esigibile, fino ad arrivare al diritto e alla garanzia di condizioni di vita lavorative e della salute rigidamente previste”.

Nel merito della nuova normativa, per la Flai il capitolo dei controlli sanitari “si sta dimostrando debole: vanno sicuramente rafforzati e meglio indirizzati. Nella nostra regione si verificano da tempo troppe morti per carico di lavoro, e spesso sono donne che non reggono la fatica di un lavoro oggettivamente gravoso”.

Nel settore agricolo capiremo che qualcosa sta cambiando sul piano culturale “solo quando le stesse aziende del settore avranno deciso di abbandonare l’idea di utilizzare il lavoro nero e di iscriversi alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità per essere competitivi con produzioni di qualità, in cui il Made in Italy legato specialmente all’ortofrutta continua ad essere riconosciuto, come dimostrano i dati ISTAT della Puglia relativi all’export o alla performance sui mercati dei prodotti DOP e IGP”.

Allo stesso modo il lavoro di qualità per il segretario generale della Flai pugliese “deve essere punta d’orgoglio per i nostri territori e non assistere ad un mercato delle braccia che sfrutta il lavoro semplicemente perché è più conveniente e redditizio. La nostra organizzazione, laddove non ha sottoscritto il Contratto provinciale come in provincia di Bari, o dove sostiene le sacrosante battaglie dei lavoratori agricoli, come sta avvenendo in queste ore con gli ortofrutticoli nell’area di San Ferdinando di Puglia, intende contribuire affinché vi sia un presidio di legalità e nello stesso tempo si impedisca la corsa al ribasso dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori, declassando le figure professionali per giungere al salario di piazza. Pratica particolarmente usata proprio da chi del lavoro nero e dello sfruttamento lavorativo ne fa una regola di vita. Intendiamo combattere chi pensa di realizzare produzioni di qualità fortemente richieste anche all’estero utilizzando il lavoro nero ed il caporalato. L’economia di un paese civile non può tollerare forme di sfruttamento e chi da quello sfruttamento trae vantaggi generando dumping sociale e danneggia gravemente l’economia delle aziende virtuose che ogni giorno, con grandi difficoltà, riconoscono il giusto valore del lavoro e di chi del lavoro ha necessità per sostenere le proprie famiglie”.


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