Sviluppo, lavoro e ambiente. Le proposte della Cgil per la Puglia

20-02-2017 12:04:13

Dare una risposta a Francesco, 20 anni, studente e lavoratore, che vorrebbe spendere il suo patrimonio di conoscenze nella sua terra, a differenza di tanti giovani laureati costretti a emigrare. Dare una risposta a Rocco, un lavoratore di call center, una delle frontiere più spinte del precariato in questa regione. Dare una risposta a Stefania, ricercatrice precaria con una laurea in gestione dei beni culturali, in una Puglia che ancora non riesce a valorizzare al meglio il suo enorme patrimonio paesaggistico e monumentale. E’ uno degli obiettivi della piattaforma programmatica elaborata dalla Cgil Puglia presentata oggi (16 febbraio) a Taranto nel corso di un'assemblea regionale alla quale ha partecipato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

Francesco, Stefania, Rocco sono alcuni dei lavoratori che in video o direttamente sul palco del PalaMazzola – gremito da oltre 1.500 delegati provenienti da tutta la regione – hanno portato la loro testimonianza. Il delegato dell’Ilva dove diecimila lavoratori attendono risposte certe sul proprio futuro occupazionale ma anche interventi sul risanamento ambientale e abbattimento delle emissioni nocive. Emergenze ma anche opportunità ed eccellenze da mettere sempre più a valore, come il settore della ricerca applicata rappresentata da Sarah, delegata del Cetma di Brindisi. 

Ma la Puglia è ancora la terra dello sfruttamento del lavoro agricolo e ha emozionato la platea l'intervento di Stefano Arcuri, bracciante e marito di Paola Clemente, l’operaia agricola tarantina morta due anni fa sul lavoro a 200 chilometri da casa, sotto un vigneto nelle campagne andriesi. Ad Arcuri la Cgil Puglia ha consegnato una copia rilegata della legge 190/2016 di contrasto al caporalato, simbolicamente intitolata proprio a Paola Clemente.

“Sviluppo, lavoro, ambiente” è il titolo della piattaforma elaborata dalla Cgil pugliese con le Camere del Lavoro e le categorie. “Parole chiave della nostra azione sindacale”, ha spiegato il segretario generale della confederazione regionale, Pino Gesmundo. “Un documento che delinea un possibile modello di sviluppo della nostra terra, inseguendo e potenziando le vocazioni. Un documento di lungo respiro nato da una lunga fase di ascolto dei territori, aperto al contributo di chi vuole seriamente cimentarsi per far crescere questa regione. Che non può essere quella di un agroalimentare che pensa di competere sui mercati internazionali non valorizzando le sue eccellenze ma abbattendo diritti e salari. O di chi pensa che creare lavoro per i giovani significhi pagarli con i voucher, oltre 6 milioni quelli venduti in Puglia nel 2016, con un aumento del 208 per cento rispetto a due anni prima”. 

Una relazione, quella di Gesmundo, che ha affrontato debolezze strutturali e potenzialità del sistema produttivo pugliese, che vanta la presenza di grandi gruppi come Enel, ENI, Leonardo, Bosch, Terna, Getrag. Ma anche emergenze sociali legate a una povertà crescente – oltre 100mila posti di lavoro persi dall'inizio della crisi – e con un sistema di welfare pubblico sempre più debole, a partire da quello sanitario. 

“Chiediamo a livello nazionale ma anche regionale che il lavoro, quello buono, garantito, sicuro, ben pagato, torni a essere elemento centrale della società e volano di sviluppo. Con un'attenzione alla tenuta del territorio, al rispetto dell'ambiente e agli ultimi, a quelli che qualcuno definisce i perdenti della globalizzazione ai quali non basta dare risposte di minima sussistenza. Così come centrale deve essere il futuro dei giovani: se continua questo trend migratorio, avremo un invecchiamento sociale che rischia di affondare ogni idea di crescita e sviluppo”.

Nel concludere i lavori il segretario generale Camusso è partita da Taranto: dalla vertenza Teleperformance, chiedendo al “governo di intervenire per evitare delocalizzazioni e dumping salariale in Europa”; e dalla vertenza Ilva: “Noi alla cassa integrazione diciamo no. C'è una coincidenza, si presenta una cordata per acquisire il siderurgico, dice alcune cose, e subito dopo il governo ci presenta un piano di 5.000 esuberi. Il governo deve provare a scommettere sul futuro del settore dell’acciaio e non fare la cenerentola in Europa”.

Prosegue Camusso: “Non si può ridurre occupazione e produzione. Obiettivi devono essere l’innovazione e il risanamento ambientale”. Quindi il tema del lavoro che non c'è e del precariato: “Questo Paese non ha futuro se non riparte dal lavoro, dal dare una speranza ai più giovani. Senza la qualità del lavoro, non si fa crescita e non si fa sviluppo”. Da qui l'impegno della Cgil, “prima con il piano del lavoro, declinato a livello territoriale”. Ma le politiche dei governi hanno continuato a “non scegliere da che parte stare, facendo pagare la parte più importante delle tasse a chi lavora, ai pensionati, senza toccare le grandi rendite e i patrimoni”. Dopo anni di politiche del lavoro focalizzate su tagli a diritti e salari “cosa hanno prodotto? Non è forse arrivato il momento di dire che quelle politiche erano sbagliate?”. E senza le risposte che ci aspettavamo, incalza Camusso, “occorreva aprire un orizzonte di speranza, prima di una fase recessiva senza ritorno. Quindi la Carta dei diritti, il ripartire dal sapere, dalla conoscenza, dal saper fare, dai giovani. La generazione più istruita della storia del paese non trova il modo di spendersi nel mondo del lavoro. Ecco dove nasce la Carta dei diritti universali per la quale abbiamo raccolto un milione e duecentomila firme. Non la Cgil, ma cittadini, lavoratori, quelli incontrati ai banchetti, nelle assemblee, hanno detto che le politiche del lavoro erano fallimentari”. 

Un disagio sociale, una sofferenza del lavoro – secondo Camusso – “scoperti dalla politica all'improvviso dopo il 4 dicembre. Hanno scoperto che c'era chi avanzava proposte. E’ un nostro risultato che ci dice che si possono cambiare le politiche del paese, e si può affrontare la precarietà”. E allora serve continuare, a raccontare il lavoro, la sua precarietà, a proporre soluzioni. “Questi sono i nostri referendum – spiega Camusso –. Costruire un'idea del lavoro diversa, restituire dignità a chi lavora, costruire un altro paese. Noi diciamo che cambiare si può, insieme, con la Carta dei diritti universali che riunisce il mondo del lavoro, senza distinzioni tra lavoro dipendente e autonomo. E con due Sì ai referendum sul lavoro, per cancellare la vergogna dei voucher e ripristinare clausole di solidarietà negli appalti. Quando diciamo aboliamo i voucher non parliamo solo delle persone ma delle prospettive dell’Italia, perché non può essere un lavoro povero a sostenere lo sviluppo di un paese”.

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