Stesso datore di lavoro, stesse mansioni, ma contratto diverso, e in periodo di fermo a causa del Covid-19 una differenza salariale di diverse centinaia di euro tra gli uni e gli altri. È quanto accaduto all’Arif, l’Agenzia della Regione Puglia che si occupa di servizi irrigui e forestali, come denuncia la Flai Cgil che ricorda lo slogan Nessuno resterà indietro! “che lo scorso 17 aprile ha accompagnato il decreto Cura Italia con il quale il legislatore nazionale intendeva, tra le altre cose, mitigare l’impatto sulle retribuzioni dei lavoratori a causa degli effetti nefasti che la pandemia provoca sul piano sociale ed economico del Paese”.
“Nella pubblica amministrazione, dove necessario, si è proceduto con l’esentare dalla prestazione lavorativa i dipendenti per preservarli dal Covid-19 senza che vi fosse perdita salariale e contributiva. “Una volontà che però non è stata colta a pieno da un ente pubblico come ARIF, che in prima battuta aveva predisposto l’esenzione per tutti gli operai, salvo poi decidere l’utilizzo solo per il personale con contratto di natura privatistica lo strumento della cassa integrazione con causale Covid-19 che, per effetto del sistema dei massimali, oltre a patire la neutralità della contribuzione previdenziale in forma figurativa, subiscono una decurtazione salariale di diverse centinaia di euro. Viceversa, operai con contratto di natura pubblicistica, che svolgono le medesime mansioni dei loro colleghi con contratto privato, hanno beneficiato dell’esenzione con garanzia del salario pieno e piena contribuzione previdenziale. Una vera è propria disparità di trattamento che non lasceremo passare inosservata, tra lavoratori”, ricostruisce la vicenda Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil Puglia.
La Flai Puglia, con Fai e Uila, ha proposto un accordo per integrare la parte stipendiale persa dagli operai a tempo indeterminato con contratto privatistico per effetto della cassa integrazione, in modo che vi fosse maggiore omogeneità tra le diverse anime contrattuali.
“Non contestiamo la scelta tra esenzione e cassa integrazione da parte dell’Amministrazione; persino l’INPS regionale, a seguito di un nostro quesito, si è pronunciata sottolineando che sarebbe stata comunque legittima la scelta verso una delle due possibilità, ma pensiamo che la proposta di integrazione stipendiale andava nella direzione auspicata dallo stesso legislatore. La gestione commissariale di Arif, intanto, ha ritenuto opportuno respingere la proposta motivando il non accoglimento a causa di difficoltà di carattere economico”.
E allora la Flai chiede “se quelle difficoltà si vogliono ripianare facendo ricorso all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. I numeri sono eloquenti: 767 operai sono stati collocati in cassa integrazione nel periodo dal 20 marzo al 27 aprile e l’Amministrazione avrà risparmiato circa 1 milione e 955 mila euro che, per carità, in questa fase tornano utili per l’acquisto dei dispositivi individuali per la sicurezza e per contrastare il malefico virus. In ogni caso il costo per salvaguardare interamente le retribuzioni ammonterebbe a soli 250 mila euro”.
Se da un lato si espongono difficoltà economiche, “dall’altro – prosegue Gagliardi - gradiremmo conoscere le ragioni per le quali si permettono atti conciliativi per un cospicuo numero di lavoratori con contratto pubblico che rivendicano, alla faccia dell’omogeneità dei diversi contratti applicati in seno all’Agenzia, istituti contrattuali tipici del contratto privato senza che Arif opponga necessario quanto opportuna azione legale”.
“Vorremmo capire perché, nonostante la presenza di personale specializzato e assunto per le finalità della legge regionale n. 33 del 2017 che, ai sensi del DL 150/2012, prevede - tra le altre cose - il monitoraggio della “sputacchiana” per il contrasto alla Xylella, vengano affidate con la delibera commissariale n. 201 del 29 aprile scorso risorse economiche a soggetti esterni anziché valorizzare il proprio personale interno che in passato ha operato in tal senso”.
“Vorremmo, infine, conoscere le ragioni per le quali lo scorso 24 aprile è stato disposto con delibera commissariale il pagamento, attraverso risorse pubbliche, cioè con soldi dei contribuenti pugliesi, di spese per canone di locazione e oneri accessori a favore di Assocodipuglia per un importo pari a circa 8.500 euro per il periodo gennaio-marzo 2020. E’ opportuno ricordare che la norma transitoria della legge regionale n. 33/2017 ha stabilito che la strumentazione informatica utile per il servizio dell’agrometereologia avrebbe dovuto lasciare i locali di Assocodipuglia per essere trasferita entro marzo 2018 presso la struttura dell’Arif. E invece scopriamo che a maggio del 2020 non solo la strumentazione informatica permane in quei locali, con aggravio di costi per locazione e gestione, ma apprendiamo che le 94 capannine del sistema per la rilevazione dei dati agro-meteo, dal costo elevatissimo, mancano di manutenzione sin da molto prima del lockdown. Di conseguenza 14 di esse non sono più operative, a tutto svantaggio delle informazioni in rete a cui gli operatori hanno diritto di accesso per programmare adeguatamente le attività produttive delle proprie aziende, molte delle quali riconosciute tra le eccellenze pugliesi”.