Cassa all'Ilva, Fiom: "Inaccettabile forzatura”

“Al ministero del lavoro ci siamo trovati di fronte a una evidente forzatura volta a ottenere il consenso sindacale su un determinato modo di affrontare le conseguenze di un piano non ancora conosciuto né discusso”. E' quanto afferma in una nota il segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto, Donato Stefanelli, spiegando la decisione del sindacato di dissociarsi da Fim e Uilm e di non firmare il verbale di cassa integrazione in deroga nei confronti di un massimo di 1100 dipendenti dello stabilimento di Taranto dall'1 gennaio al 2 marzo prossimo.“Coerentemente alla propria impostazione - aggiunge – la Fiom ha respinto questa inaccettabile e incomprensibile forzatura”. In relazione alla nuova procedura di cassa integrazione per 6500 lavoratori per la durata di 24 mesi a partire dal 3 marzo prossimo, di cui si dovrà discutere nei prossimi giorni, Stefanelli ricorda che “la Fiom ha già espresso una valutazione negativa su questa ipotesi sostenendo che prima di affrontare una discussione sull'eventuale impiego della Cigs occorre che l'azienda presenti ai sindacati un piano industriale le cui finalità, in relazione all'attuazione dell'Aia, debbono essere comprensibili e condivisibili”.

L'accordo non firmato dalla Fiom è stato presentato ieri al ministero del Welfare.La Fiom non ha firmato né l'accordo sulla cassa in deroga per due mesi, né il verbale con cui l'Ilva si impegna ad attutire gli effetti negativi della cassa integrazione straordinaria chiesta dal 3 marzo prossimo sino a tutto il 2015 per un massimo di 6147 addetti del sito di Taranto contestualmente all'avanzamento dei lavori di risanamento ambientale imposti dall'Aia.

 

La Fiom non ha firmato in quanto si è creato già un collegamento fra cassa in deroga ormai in scadenza, il 2 marzo prossimo, e nuova cassa straordinaria, che il sindacato Cgil ritiene tutta da discutere, da ridurre nei numeri, ritenuti eccessivi, e soprattutto da verificare alla luce del piano industriale dell'Ilva. Fim Cisl e Uilm Uil, invece, affermano di aver firmato la cassa in deroga per assicurare ai lavoratori che nel frattempo sono stati sospesi dall'azienda, la copertura economica. I soldi della cassa in deroga, circa 8 milioni, sono stati infattireperiti dal Ministero.