Gentile Signor Oscar Farinetti,
mi sono interrogata per qualche ora in merito alle modalità con le quali rispondere alle Sue esternazioni pubbliche, circa l’utilità del Sindacato in questo Paese. Questa lettera aperta mi è sembrato lo strumento migliore per ribattere ai toni denigratori da Lei utilizzati.
Premetto che, al contrario Suo, mi esprimerò in tono riguardoso, ritenendo da sempre che le relazioni sindacali non possano e non debbano prescindere da un principio di rispetto reciproco tra le controparti.
Abbiamo accolto con favore, e continuiamo a pensarla così, la notizia dell’investimento di Eataly in Puglia; uno sforzo finanziario ed organizzativo che può portare risultati a questa provincia, più genericamente a questa regione, in termini economici ed occupazionali. E nei mesi in cui la Sua società era impegnata tra adempimenti burocratici e problemi di allestimento, non abbiamo cercato di interferire in alcun modo con il lavoro che si stava producendo, consapevoli del fatto che ad ognuno spetta l’agibilità nel proprio ruolo.
Ciò nonostante, abbiamo dovuto registrare la Sua acrimonia nei confronti del Sindacato colpevole, a Suo modo di vedere, di aver chiesto delucidazioni in merito alle già acquisite modalità di assunzione del personale e alla programmazione futura di una struttura operante sul territorio e, dunque, di pubblico interesse. Una posizione, la Sua, che ha il sapore della demagogia, ormai imperante da qualche anno nell’alveo della politica nazionale, secondo cui il Sindacato è un corpo estraneo e d’intralcio alla società, che sarebbe meglio mettere in un angolo o eliminare del tutto. Una posizione che non converge, d’altronde, con le linee politiche in fase di adozione a livello internazionale, dal momento che il G20 svoltosi a Mosca nel luglio scorso in materia di rilancio del mercato del lavoro ha sancito l’importanza delle organizzazioni sindacali, invitate per la prima volta a prendere la parola ed ad esprimere le proprie opinioni nel merito di possibili soluzioni. Ed è una posizione che stride, soprattutto, con il mandato conferito a questo Sindacato da milioni di lavoratori e lavoratrici che chiedono volontariamente di essere rappresentati in maniera libera, così come sancito dalla nostra bella Costituzione e dalle leggi democraticamente assunte da questo Paese. E non fa un bell’effetto sentire parole che auspicano il contrario, soprattutto se vengono dette da un imprenditore che, come Lei, passa per uomo illuminato e assertore della positività dell’azione collettiva sociale.
E ancora, Signor Farinetti, mi preme ribadire un concetto a cui tengo particolarmente. Si può dissertare, e conseguentemente tentare di agire, circa la farraginosità della burocrazia in Italia (condivido che bisognerebbe fare di più e meglio per snellire gli iter ed aiutare i buoni imprenditori a fare presto e bene). Ma fintanto che le leggi sono queste, e la burocrazia prevede determinati percorsi, vanno comunque rispettate, sempre e convintamente. Questo concetto deve valere per ogni persona sia essa imprenditore o comune cittadino, che venga dal basso o che operi dall’alto.
I problemi burocratici e di rispetto della norma nulla devono avere a che fare con l’occupazione che si produce. Mi è capitato di leggere in questi giorni su organi di stampa Sue affermazioni secondo cui uno che produce occupazione non può essere ostacolato da problemi di natura burocratica, ma forse ho letto male io. In questo senso bisogna sfatare una volta per tutte il mito stancante del buon imprenditore che può sorvolare sulla normativa poiché porta lavoro dove c’è una forte disoccupazione. E’ una cosa che abbiamo già sentito troppe volte e per l’ennesima volta vogliamo ribadire il fatto che una società che accetta il mito del ricatto occupazionale è una società che decresce, che perde valore e merito, che assume una forma involutiva anziché proiettata al progresso.
Non posso credere alla giustificazione adottata in merito all’assunzione sproporzionata di personale attraverso le agenzie di lavoro interinale: una sociètà che investe 15 milioni di euro, come da Lei asserito, per avviare una struttura come quella barese non lo fa per un periodo limitato a sei mesi. Le ricordo, Signor Farinetti, che il Sindacato, quello buono, quello che guarda all’interesse della società e dei propri iscritti, è capace anche di trovare soluzione a problemi come questo che attengono alle necessità da parte delle aziende in fase di avvio attività; lo abbiamo fatto centinaia di volte e continueremo a farlo senza pregiudizi. Però, per favore, non ci prenda per persone di basso intelletto, disposte a credere a Babbo Natale!
Signor Farinetti, nonostante la sua idiosincrasia verso il Sindacato e nonostante i toni da Lei usati sulla stampa, saremo ben lieti di incontrarla anche solo per i “tre minuti” che vorrà concederci. Magari cambierà idea vedendo che non vestiamo corpetti rigidi e pantaloni alla zuava, come in epoca medievale.
Il Segretario Regionale Filcams Cgil Puglia
Mary Manocchio