I lavoratori immigrati che in questi giorni a Nardò hanno alzato la testa per ribellarsi alla condizione di schiavitù non possono essere lasciati soli.
Bisogna offrire loro la possibilità concreta di sottrarsi al giogo dei caporali. Di poter lavorare in condizioni di legalità. C’è bisogno che le istituzioni esercitino il loro ruolo. L’agricoltura pugliese non può diventare una sorta di terra di nessuno, aperta alle scorribande di intermediari e caporali che si contendono il controllo della manodopera, all’interno di territori dove lo Stato cessa di esercitare la sua funzione di controllo.
Nell’incontro di ieri sono state individuate le liste di prenotazione come strumento di rilevamento della manodopera disponibile. Diciamo che servono ad eliminare l’alibi per le imprese di essere costretti ad utilizzare i caporali in assenza di strutture che garantiscano l’incontro fra domanda e offerta. Ma se le imprese non le utilizzano che succede? Quali controlli si mettono in atto? Le Prefetture sono in grado di assicurare un controllo coordinato da parte degli organi ispettivi?
Sarebbe questo il modo per far sentire gli immigrati meno soli. Di incoraggiare anche gli scettici a credere nel cambiamento. Nell’alternativa possibile ai caporali. Tanti anni di lotta al caporalato hanno dimostrato che se non ci sono imprese che si rivolgono ai caporali non ci sono neanche i caporali. Poi c’è anche il discorso della debolezza delle produzioni, dei prezzi, del ruolo della distribuzione, ma non può esserci giustificazione alcuna allo sfruttamento di esseri umani e alla loro schiavizzazione. Altrimenti si afferma l’idea che ogni pezzo della società o del sistema produttivo può risolvere i suoi problemi scaricandoli su altri. Questa era la legge del Far West, non di certo quella di uno Stato moderno civile e democratico.
Queste cose vorremmo sentirle dire dai rappresentanti del Governo nazionale che dovrebbe impegnarsi a sostenere la legge per rendere il caporalato un reato penale e a ristabilire le condizioni di legalità nelle campagne; dai parlamentari locali che non possono limitarsi a far visita agli immigrati nei centri di accoglienza, senza invece incoraggiare quelli che si battono per i diritti; dal Governatore della Puglia Nichi Vendola da cui vorremmo un impegno a completare la completare la legge regionale sull’emersione, attraverso l’istituzione di quegli indici di congruità che possono rendere efficaci i controlli contro l’evasione. Abbiamo apprezzato anche noi il ruolo di mediazione svolto dall’assessore all’immigrazione Fratoianni per far rientrare la lotta degli immigrati del CARA di Bari, ma lo avremmo apprezzato di più se in questi giorni si fosse fatto vedere a Nardò. Così come non lo abbiamo visto quando gli immigrati della Tecnova si sono ribellati in maniera coraggiosa allo sfruttamento sui cantieri di montaggio degli impianti fotovoltaici sempre nel Salento.
Governare vuol dire impegnarsi a risolvere i problemi. In questi giorni la CGIL, che è affianco di quei lavoratori, ha avuto modo di riscontrare molti vuoti che andrebbero colmati.