E’ inutile nasconderlo. Sono emozionata!
Nella mente e nel cuore si affollano e si sovrappongono le stesse incredibili emozioni che mi hanno portata, ormai quasi 20 anni fa, ad iscrivermi alla nostra Cgil.
Provo oggi gli stessi sentimenti, le stesse motivazioni, le medesime responsabilità dei primi giorni nel sindacato, quando come spesso accade agli ultimi arrivati, e come vibra nelle corde di ogni anima resistente, coltivavo l’obiettivo e l’ambizione di cambiare il mondo, di fare la rivoluzione, di combattere le ingiustizie.
Sempre dalla parte degli ultimi …
La Cgil è il luogo dove non solo si può sognare di cambiare le cose, ma con il lavoro, la proposta e la protesta, le cose si possono cambiare davvero.
Nelle piccole e nelle grandi occasioni. Che tu ti trovi in un call center o ad un tavolo a Palazzo Chigi, l’obiettivo è sempre lo stesso: difendere i lavoratori dai soprusi del padrone, contrastare le norme e le leggi che consentono al padrone di commettere quei soprusi, inseguire la giustizia sociale, per dirla con una parola tornata di moda ultimamente, affermare il diritto alla felicità.
E’ una missione, la nostra, che prescinde da ciascuno di noi, dalle volontà individuali o collettive, persino dalle nostre capacità.
E’ la missione che ci affida la Costituzione, che affonda le sue radici nel sangue della ribellione alle ingiustizie, che va dalle lotte operaie alla resistenza antifascista e che ha portato i padri costituenti ad affidarci il ruolo di garanti della Repubblica per scelta “fondata sul lavoro”.
Noi non siamo solo un pezzo della Costituzione, noi siamo la Costituzione, e per questo motivo la nostra azione è giusta, per questo motivo noi siamo in maniera partigiana dalla parte giusta della storia.
Ringraziamenti:
Prima di entrare nel vivo della relazione voglio ringraziare il Segretario Generale della Cgil Maurizio Landini.
Caro Maurizio, grazie. Grazie per quello che fai per i lavoratori, per la Cgil, per tutti quanti noi, per il Paese. Grazie alle idee ed alle azioni che hai messo in campo, il lavoro è tornato al centro dell’agenda politica, sia che si tratti del governo sia che si tratti delle opposizioni tutti sanno di dover fare i conti con noi. La Cgil è protagonista nel Paese in difesa dei diritti, al fianco dei più deboli e di chi non ce la fa, perché si batte per affermare i valori costituzionali della giustizia sociale, dell’uguaglianza dell’individuo, del welfare, in una parola si batte per un futuro migliore.
Poi, un ringraziamento particolare te lo voglio fare per la sensibilità che dimostri quotidianamente nei confronti dei territori, delle confederazioni e delle categorie in tutta Italia dove non fai mai mancare il tuo apporto e la tua presenza. La giornata di oggi, e non solo la giornata di oggi, ne sono l’ennesima testimonianza. A cominciare dalle consultazioni che poco meno di un mese fa hai voluto tenere personalmente, e che ci hanno portato qui oggi.
Così come considero straordinaria l’elezione del compagno Pino Gesmundo a segretario nazionale della Cgil. Grazie anche a te, caro Pino, per quello che hai fatto in questi anni in Puglia, per noi della Cgil che amiamo fare il gioco di squadra è un riconoscimento per tutto il gruppo dirigente che insieme a te è cresciuto ed ha ottenuto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Questo, mi sento di dirlo senza paure di smentite, è il valore forse più importante sul quale costruire il nostro futuro insieme: il valore dell’unità.
Un ringraziamento particolare e un forte abbraccio lo dedico a tutti voi qui presenti, via abbraccio uno per uno, e perdonatemi se non cito tutti i nomi ma non vorrei correre il rischio di dimenticare qualcuno, in questo momento per me di emozione.
E’ proprio grazie all’impegno della CGIL PUGLIA che siamo tra le regioni in prima fila nella battaglia contro l’autonomia differenziata.
L’autonomia differenziata è una idea scellerata e la proposta di riforma in senso Presidenzialista dello Stato è la sua parente stretta. Una proposta avanzata da un ministro di questa Repubblica da sempre avvezzo a proporre leggi che lui stesso, in seguito, ha definito “porcate” come la riforma elettorale, il famoso porcellum. Sono due facce della stessa medaglia, perché rappresentano il disegno di questo governo di riportare il Paese indietro di un secolo, sfasciando l’Unità d’Italia da un lato, proponendo la restaurazione di un modello di governo autarchico dall’altro. Mi domando se il passo successivo non sia quello di sciogliere partititi e sindacati o chissà cos’altro?!
Del resto, la matrice antidemocratica e restauratrice di questo governo è evidente in ogni scelta, in ogni provvedimento e in ogni legge proposta finora. Prima hanno cancellato il reddito di cittadinanza. Poi hanno definanziato il fondo affitti e per la morosità incolpevole. Infine hanno dimezzato il fondo per risarcire le famiglie dei lavoratori vittime degli incidenti sul lavoro. Famiglie che vengono colpite da un doppio dramma: la perdita della persona che amano e, magari dell’unica in grado di portare a casa un reddito.
Anche un solo morto sul lavoro è inaccettabile, ma non meno grave è la dinamica degli infortuni, che spesso comportano conseguenze gravi. Nel 2022 sono state 80 le denunce di infortunio presentate all’Inail ogni giorno in Puglia, 74 le persone che hanno perso la vita. Tra gennaio e aprile di quest’anno siamo già a 13 vittime e oltre 8.600 denunce di infortunio. Ridare valore al lavoro come chiede la Cgil significa prima di tutto affrontare il tema della sicurezza, della prevenzione, far sentire la presenza dello Stato sia in termini di controlli e sanzioni, sia di stare vicino alle famiglie che subiscono queste perdite.
Invece quella del governo Meloni è la strategia di sempre delle destre: colpire le fragilità, fare cassa sugli ultimi e innescare nuove guerre tra poveri. I miliardi di euro per premiare i furbi con i condoni, in compenso, li trovano sempre.
Guardate, e penso soprattutto a tutti coloro che non sono fascisti ma che non credono al ritorno ad uno stato di regime, non è che il fascismo viene a bussare alla porta di casa con il manganello in una mano e l’olio di ricino nell’altra.
Questa è una lettura caricaturale che serve a mascherare la natura delle scelte autoritaristiche delle nuove destre, il cui disegno ed il cui rischio concreto per tutti noi è di utilizzare le regole democratiche per scivolare in quella sorta di democrazia illiberale che con un neologismo prende il nome di democratura. Fermiamoli ora.
Dobbiamo dare atto al nostro Segretario che è stato lungimirante.
Maurizio, come si dice dalle nostre parti ti saranno“fischiate le orecchie”, per la mole di lavoro che ci hai spinto a fare per mettere in piedi una mobilitazione permanente sui territori, per di più attraverso l’organizzazione di assemblee unitarie con Cisl e Uil, che ti assicuro non è stato semplicissimo, ma alla fine ci siamo riusciti, così come sono riuscite le mobilitazioni e le manifestazioni che ci hanno visti protagonisti finora.
Come pure mi sembra altrettanto lungimirante la tua battaglia promossa e vinta in seno all’ultima conferenza della CES di Berlino per aver lanciato la sfida contro l’austerity per costruire una Europa fondata sulla giustizia sociale , sui diritti del lavoro e su nuovi investimenti e soprattutto l’idea di mettere in campo un’azione unitaria di tutto il sindacato europeo capace a e di tutto il mondo del lavoro di indicare questa strada, perchè quando è unito ottiene risultati importanti.
Da ultimo il 24 giugno, una grande manifestazione a sostegno della sanità pubblica e contro l’ennesima scelta sbagliata di questo governo che fa scendere sotto il 7% sul Pil la spesa sanitaria.
Si moltiplicano i tavoli di confronto con il Governo, ma non riusciamo ad avere risposte concrete rispetto alle nostre istanze, ai bisogni che i cittadini attendono. Hai perfettamente ragione, caro Maurizio: sono tavoli inconcludenti che servono solo al governo per prendere tempo e rimandare sine die le scelte e le risposte concrete che abbiamo chiesto di avere: sul fisco, sulle pensioni, sulla sanità, sul lavoro, sull’istruzione solo per citarne alcuni.
Pace, giustizia sociale, Mezzogiorno e ambiente sono le quattro parole cardine che abbiamo scelto per il nostro XIII Congresso celebrato pochi mesi fa qui a Bari.
Io credo che la nostra traccia di lavoro sia racchiusa nel documento politico della CGIL PUGLIA approvato all’unanimità dall’assemblea congressuale.
Di fronte alle sfide che ci attendono, in un contesto complesso a livello internazionale e aggravato da scelte ingiuste e sbagliate del Governo, in Puglia non partiamo da zero.
In questi anni abbiamo sviluppato la nostra strategia vertenziale nei confronti delle istituzioni e delle controparti datoriali basandola sul trinomio inscindibile “Sviluppo, Lavoro, Ambiente”.
Anche anticipando indirizzi di politica europea che oggi obbligano tutti i paesi ad affrontare le transizioni energetiche, digitali e ambientali.
Soprattutto in Puglia, e cioè nella regione che ha pagato un prezzo altissimo all’industria pesante in termini di ricadute sull’ambiente e sulla salute delle persone, dei lavoratori e dei cittadini. Perché non ci può essere vero sviluppo se non c’è un lavoro che permette di vivere una vita dignitosa, come recita la nostra Costituzione, qualità del lavoro e salari adeguati. Perché non ci può essere sviluppo se non c’è benessere collettivo, miglioramento della qualità della vita e dei contesti urbani e ambientali. Su questi valori abbiamo sviluppato le piattaforme territoriali e quella regionale, che ha fatto sintesi delle proposte e delle istanze arrivate dalle categorie e dalle Camere del Lavoro. E su questa strada di coesione e di visione strategica e d’insieme dobbiamo continuare a lavorare, perché quando parliamo di coesione sociale questo vale per la dimensione nazionale ma anche per quella regionale, perché nessun territorio deve restare indietro.
Questo è il compito della nostra organizzazione. Un modello nuovo di sviluppo anche per la Puglia che tenga assieme allora buona occupazione, sicurezza, sostenibilità ambientale e sociale.
In quelle piattaforme anticipavamo e suggerivamo strategie per uscire dalla stagione delle fonti fossili, la riconversione di alcuni siti produttivi o dell’approvvigionamento energetico, che rischiano di essere travolti dalla transizione, per prodotti a breve obsoleti o perché cosiddette energivore. Ma si tratta di passaggi che dobbiamo governare per evitare che lascino sui nostri territori desertificazione industriale e sociale. Per questo rivendichiamo a livello nazionale di avere finalmente vere politiche industriali che affrontino i nodi del nostro sistema manifatturiero, per fronteggiare le tante crisi aperte, per rilanciare l’occupazione e gli investimenti, e in questo a livello territoriale potremo contare anche sul lavoro e il supporto che potrà darci Pino, le cui deleghe di segreteria insistono sia sulle politiche industriali che le aree di crisi. Temi questi che sono dentro la piattaforma dello SCIOPERO nazionale e unitario dei metalmeccanici previsto il 10 luglio per il Mezzogiorno.
Gli investimenti in innovazione e sostenibilità ambientale devono essere colti come occasione di sviluppo e di miglioramento della competitività delle imprese, della qualità del lavoro e dei contesti in cui sono inseriti.
Processi che vanno accompagnati se necessario - lo abbiamo detto più volte, scritto nei nostri documenti, reclamato a gran voce nei confronti delle istituzioni e indicando anche le risorse che ci sono - da ingenti piani anche di formazione, per aggiornare le professionalità dei lavoratori e non espellerli dai nuovi cicli produttivi.
Formazione come investimento sulla risorsa lavoro: basta con la stagione del precariato, delle basse competenze, il sistema produttivo cresce se investe su qualità delle produzioni e del lavoro. In Puglia nel 2021 del milione e centomila rapporti di lavoro attivati, quelli cosiddetti high skill, ovvero profili con alte competenze, sono stati appena 120mila. Per il 70% afferenti a settori come sanità, istruzioni, servizi sociali. È evidente allora che c’è un ritardo del nostro settore produttivo, che deve innalzare qualità e competenze.
Questo vale per ogni settore, non solo nel manifatturiero. Pensiamo a quanto sia fondamentale la professionalità di chi opera nel settore del turismo, dell’accoglienza, dei servizi connessi. Così anche per un altro settore fondamentale per la Puglia come l’agroalimentare, che contribuisce in maniera importante alla formazione del Pil regionale ma nello stesso tempo convive spesso con un sistema primario arcaico, che pensa di poter competere sfruttando, togliendo diritti, anche schiavizzando come accade con i fenomeni di caporalato a danno di lavoratori stranieri e non solo.
Permettetemi di fare un breve inciso a proposito di questo tema: il 13 luglio saranno passati 8 anni dalla drammatica morte di Paola Clemente, che è diventata suo malgrado simbolo delle condizioni insostenibili in cui spesso si lavora nel settore primario in Puglia – anche grazie alla battaglia che la Flai e la Cgil regionale seppero portare avanti per accertare la verità su quella morte non accidentale -. C’è stata l’assoluzione dell’imprenditore che aveva assunto l’operaia agricola, per di più tramite una agenzia interinale - ma mi sento di promettere che continueremo a stare al fianco della famiglia per accertare verità e responsabilità. Perché non ci sia nessun’altra Paola Clemente.
Occorre investire su qualità del lavoro e buona occupazione per dare finalmente risposte ai tanti, troppi giovani formati che da questa regione continuano ad andar via, verso il centro nord o i paesi esteri. Giovani che ormai sono la fascia d’età su cui incide maggiormente la povertà relativa:
in Puglia gli under29 che lavorano sono solo 140mila. Un quarto lavora nel commercio, un altro 20% tra agricoltura e servizi. Settori che si contraddistinguono per precarietà lavorativa, part time, stagionalità, basse paghe. Pensate che solo nel 2020 hanno cancellato la propria residenza dalla Puglia, verso l’estero o altre regioni, circa 64mila persone. L’orizzonte è la desertificazione sociale della Puglia, con l’Istat che stima – se continua questo andamento - una popolazione over 65 nel 2050 del 37%. Oggi siamo al 18%. Un combinato di emigrazione e calo delle nascite, perchè si è poveri anche lavorando, in una regione dove oltre il 90% dei contratti che si attivano sono a termine o precari. Così è impossibile costruirsi percorsi di vita autonoma e dignitosa.
Una condizione che è doppiamente grave per le donne, con indici di occupazione che sono la metà di quelli maschili. Le donne che rinunciano spesso a cercarlo, un lavoro, o sono costrette a part time da un sistema di servizi pubblici che non è di supporto per le famiglie e non permette di conciliare tempi di vita e di lavoro. La parità di genere non è tema per convegni, non solo: lo dicono i dati, il vero gap occupazionale che soffre questa regione con il Paese è proprio legato all’esclusione delle donne dal mercato del lavoro. Se il tasso di occupazione complessivo è del 50,7% in Puglia, se si analizza per genere quello maschile è del 64,6% (poco sotto la media nazionale del 69,4) mentre se si guarda al femminile, il dato medio italiano è del 52,1%, quello pugliese del 37%.
Siamo tra le ultime regioni d’Europa per gap occupazionale di genere. Questo tema deve vivere nelle nostre vertenze, in ogni luogo di lavoro, per una vera parità di opportunità, di diritti oltre che salariale, così come sancito da una legge regionale sulla quale noi della Cgil abbiamo fortemente lavorato. E se è stato necessario un passaggio normativo è perché evidentemente questa parità non viene rispettata.
E per l’industria come per l’agroalimentare o il turismo, questa regione ha necessità di investimenti che completino il quadro infrastrutturale e degli assetti idrici. Acqua per evitare il rischio desertificazione, per sostenere diversificazioni produttive soprattutto nei territori drammaticamente colpiti dalla Xylella.
Serve dotare le aree industriali di servizi, reti di telecomunicazione e trasporto, per far viaggiare più veloci e meglio i dati, le persone, le merci, colmando gap che interessano soprattutto alcuni territori per quel che riguarda l’alta velocità e l’alta capacità.
Serve investire anche sulla qualità della pubblica amministrazione, a partire dalle dotazioni organiche degli enti. Bisogna sbloccare le assunzioni.
Serve un sistema del credito che accompagni le dinamiche territoriali, che torni ad essere elemento di sviluppo.
Deve crescere complessivamente il sistema regionale, accompagnato in questi processi dai centri di formazione e ricerca di eccellenza che possiamo vantare. Abbiamo noi voluto che i protagonisti della formazione, le università, il politecnico, fossero ai tavoli regionali per dare un importante contributo alla costruzione dei programmi comunitari.
Abbiamo tante risorse da mettere a valore in questa regione, chiediamo il giusto, perché la Puglia sia finalmente terra di opportunità da realizzare. Chiediamo che questa parte di paese, la sua crescita sociale ed economica sia occasione per lo sviluppo di tutta l’Italia, altro che autonomia differenziata!
E’ una follia contro il disegno e la politica di coesione che sono alla base del piano europeo Next generation EU. I nostri cittadini, i nostri lavoratori e lavoratrici, hanno gli stessi diritti di chi vive in regioni più dinamiche e avanzate. Nessuna rivendicazione e contrapposizione territoriale, chiediamo semplicemente il rispetto della Costituzione italiana. E allora per la sanità i livelli essenziali di assistenza devono essere non formalmente ma nella sostanza uguali a Brindisi come a Verona, a Taranto come a Brescia. E questo vale per ogni servizio pubblico di welfare che è fondamentale soprattutto per affrontare le tante fragilità emerse dopo il Covid e con la crisi inflattiva che ha eroso potere d’acquisto di salari e pensioni.
Ci sono anziani, famiglie soprattutto numerose, che devono rinunciare al diritto costituzionale alla cura perché accessibile solo a pagamento, e non possono permetterselo.
Serve un piano straordinario di assunzioni perché potremo costruire ospedali e case di cura con il PNRR ma se non ci sono medici e infermieri rimarranno vuote, a meno che il disegno non sia smontare il sistema sanitario nazionale e favorire i privati.
E’ uno scandalo. Che racchiude le ragioni che ci hanno portato alle manifestazioni di Bari fatta dallo Spi e dalla Cgil Puglia il 31 marzo, delle varie manifestazioni sui territori organizzate dalla Funzione Pubblica e camere del lavoro, fino ad arrivare alla manifestazione del 24 giugno a Roma. Stesse ragioni: la difesa dei principi sanciti dalla Costituzione, che ci porteranno a manifestare ancora a Roma a fine settembre. Le risorse del PNRR devono servire a colmare divari territoriali e sociali, vanno spese bene e in fretta. E da sole non bastano, lo dice la Banca d’Italia e ogni economista non schierato. Servono ulteriori investimenti dello Stato, e se le risorse mancano le si prenda da chi sta facendo ancora oggi extra profitti, si affronti seriamente il tema dell’evasione fiscale, invece di fare l’occhiolino e favorire i furbi e chi sottrae illegalmente risorse alla collettività. Quelle risorse che servono per far funzionare gli ospedali, le scuole, i comuni, perché finalmente si costruisca quella sanità territoriale e servizi di assistenza socio-sanitaria che da anni attendiamo. Questo dobbiamo spiegarlo ai nostri iscritti, a tutti i cittadini e cittadine, proseguendo nella mobilitazione che ci vede impegnati. Continuiamo a fare assemblee, facciamole intercategoriali, nei luoghi di lavoro, nelle nostre sedi, nelle Leghe, nelle piazze.
Tocca a noi dire la verità.
E quando si strizza l’occhio agli evasori, il Governo sappia che in questa regione le economie illegali sottraggono ogni anno oltre 5 miliardi di euro alla collettività. Serve un’azione decisa di contrasto a un sistema criminale, alle mafie che sono sempre più imprenditrici, che condizionano spesso processi decisionali amministrativi – basta vedere quanti comuni sciolti per infiltrazioni mafiose in Puglia – che fanno dumping verso quelle aziende che operano rispettando la legge.
Serve legalità in un altro settore strategico come quello delle costruzioni, specie in questa fase in cui sono finanziate grandi opere e interventi infrastrutturali edili. Perché legalità è sinonimo di sicurezza sul lavoro, di qualità delle opere, allora urgono controlli sulle stazioni appaltanti.
A questo proposito, ricordiamo come il Governo abbia messo mano e stravolto il codice degli appalti. Un testo che è un salto all’indietro in termini di principi di trasparenza, di non discrezionalità, di correttezza e libera concorrenza tra le imprese. Si rischia di aprire ulteriori varchi a mafie e corruzione in un territorio che già è costretto a subire la balza di questi fenomeni. Mafie interessate ai fondi del Pnrr anche in Puglia e non poteva essere diversamente, come recentemente denunciato dai vertici della Guardia di Finanza.
Il nostro impegno, compagne e compagni, deve essere proiettato al rafforzamento e maggior radicamento nei luoghi di lavoro e nei territori, grazie al proselitismo e alla capacità di assistenza attraverso il sistema di tutele individuali. In questi anni di crisi, penso alla fase del Covid, siamo riusciti a confermare e in alcuni casi anche ad aumentare i nostri iscritti, soprattutto nei settori pubblici. Ma non possiamo accontentarci: dobbiamo essere sempre più capaci di parlare a ognuno dei nostri tesserati, SIAMO 230MILA IN PUGLIA, conoscerlo, accompagnarlo in ogni istanza e bisogno, prenderlo in carico ed estendere la nostra azione. Dobbiamo crescere per fare della Cgil un’organizzazione ancora più forte e solida.
È necessario se vogliamo essere agenti del cambiamento, protagonisti che prendono la parola sui temi fondamentali, in ogni ambito, dal piccolo Comune alla dimensione regionale. Dobbiamo portare a casa risultati, compagne e compagni, per le persone che rappresentiamo, e per fare questo stiamo già lavorando da tempo assieme a un vasto mondo di associazioni: un percorso formalizzato a livello regionale con l’Accordo di consultazione e confronto sottoscritto con oltre 30 sigle affinché i soggetti della rappresentanza sociale, del volontariato, della cooperazione, della cultura, gli studenti, che quotidianamente operano nel nostro territorio spesso condividendo percorsi e valori, possano spingere i cittadini alla partecipazione, sostenere i decisori politici a mettere in campo le migliori strategie e risposte ai bisogni delle persone e per lo sviluppo della Puglia.
Dobbiamo spingere la politica a tornare a occuparsi dei bisogni delle persone, ad avere capacità di ascolto del mondo della rappresentanza sociale, delle proposte e delle progettualità che avanziamo, ognuno nel rispetto dei ruoli. Ma la stagione della disintermediazione abbiamo visto a cosa ha portato, a populismi e distacco dalla politica da parte delle persone.
In questo contesto dove gli eredi del movimento sociale, quelli che ancora esibiscono la fiamma nel loro simbolo, sono oggi al Governo, con tentativi di revisionismo di bassa lega circa la storia di questo Paese, soprattutto legata agli eventi della lotta partigiana, la Cgil che è stato storicamente un baluardo dell’antifascismo, deve saper essere anche agente culturale, valoriale. Dobbiamo investire su percorsi che tengano assieme la memoria e le lotte di oggi – abbiamo il lavoro che può svolgere la nostra Fondazione Maierotti – parlando soprattutto ai giovani, agli studenti, costruendo alleanze con le scuole e i provveditorati. Chi si affaccia al mondo del lavoro deve conoscere e sapere chi ha lottato in questo paese contro chi negava le libertà, anche di associazione sindacale, chi si è speso per rendere vivo quel primo articolo della Costituzione che parla di Repubblica fondata sul lavoro.
Giuseppe Di Vittorio in Puglia, parliamo del nostro territorio, deve essere programma scolastico. Anche per vincere una rassegnazione sulla ineluttabilità delle cose: ci sono stati periodi ben altrettanto difficili in cui l’unità dei lavoratori ha spinto questo paese verso un progresso e una crescita che sapesse guardare al benessere collettivo e non agli interessi di pochi. Antifascismo e Costituzione sono l’architrave della nostra azione, richiamati nel nostro Statuto. Costruire su questi temi, su questi valori, partecipazione diffusa e le Camere del Lavoro, insieme con l’Anpi, devono essere i poli centrali di questa attività.
Il mio impegno sarà di far vivere le istanze di tutti i territori, attraverso il ruolo da protagonista delle Camere del Lavoro insieme con ogni categoria anche attraverso la collaborazione di più categorie sui temi complessi.
Dobbiamo mettere insieme un sistema di vasi comunicanti tra di noi, di scambio continuo di informazioni, di idee, di progetti e di proposte, per rispondere al meglio alle esigenze della base, per radicarci sempre di più nella società contemporanea ed essere sempre un passo avanti.
Ascoltare, scegliere e agire insieme. Sono questi i nuovi strumenti che metto a disposizione di tutte le compagne e i compagni che avranno voglia, come ce l’ho io, di fare la differenza per tutte le persone che rappresentiamo. Anche perché noi al “me ne frego” motto fascista abbiamo sempre preferito quel “mi stai a cuore”, espressione di presa in carico delle persone più fragili, motto di don Lorenzo Milani di cui nel 2023 ricorrono i cento anni dalla nascita.
La scomparsa di Silvio Berlusconi, per il quale, perdonatemi, non vi chiederò di osservare un minuto di silenzio, cambia molto non solo a destra ma nella politica in generale. Gli effetti di questo cambiamento si vedranno nel giro di pochi mesi, ma a mio avviso una lettura la possiamo già immaginare. Il partito del “bunga-bunga”, con il suo capocomico, da un lato ha arginato gli appetiti della destra di diventare forza egemone nel Paese. Lo ha fatto involontariamente, secondo me, proprio perché le sue sfaccettature macchiettistiche lo hanno reso talmente inaffidabile da non essere mai considerato una minaccia seria per la democrazia. E tuttavia questa è storia. Berlusconi, inoltre, è stato per trent’anni l’unico antagonista attorno al quale si è concentrata l’azione delle opposizioni, Partito Democratico in testa, che ha sempre inseguito senza mai diventare protagonista di una proposta radicalmente alternativa sui temi e sui valori. Oggi è tutta un’altra storia.
Al governo del paese c’è una forza che rivendica le sue radici e che non condivide i valori dell’anti-fascismo. Un governo che mostra i muscoli, allergico alle regole democratiche del confronto, tant’è vero che se non avessimo sollevato le piazze in questi mesi, caro Maurizio, non avremmo ottenuto neppure la convocazione di un tavolo, un governo debole con i forti e forte con i deboli, per riassumerlo in poche parole. E che oggi, senza Berlusconi, può perseguire con grande libertà il suo disegno di egemonia sulla destra e sul Paese.
Di fronte ad una opposizione politica ancora timida, armata di tanta buona volontà ma a mio avviso già in ritardo, soprattutto in vista delle ormai prossime tornate elettorali, il ruolo della Cgil è ancora più importante, fondamentale.
Noi offriamo alle opposizioni la nostra agenda di lavoro per due motivi: perché è giusta, perché coincide con il compito che ci affida la Costituzione.
Tutto sta cambiando rapidamente e radicalmente attorno a noi. La crisi economica, la pandemia, la tragedia della guerra, il mondo sta vivendo una fase di transizioni tra le più profonde, che ci sta portando alla quarta rivoluzione industriale della storia.
Come in ogni fase di cambiamento, se non si ha la capacità di governare i processi è il mercato a farla da padrone. E in parte è quello che sta già accadendo. Un esempio su tutti, forse quello più attuale, è rappresentato dalla così detta Gig Economy, un fenomeno imprenditoriale che sta facendo incassare miliardi di euro alle compagnie che si nascondono dietro gli algoritmi, sulla pelle di migliaia di lavoratori sfruttati e precari. Oggi l’Europa se ne accorge e prova a regolamentare quel mercato, attraverso una direttiva che dovrà poi essere recepita dagli stati membri. Ma l’Italia dov’è. Che fa il governo? Non è questo il luogo dove ripetere le cose che ci siamo detti sul DL lavoro e sulla patetica sit-com con il video del CdM postato sui social, inscenata dalla Presidente Meloni il Primo Maggio. Ma se tanto mi da tanto, appare evidente che il governo italiano rema nella direzione opposta, favorendo il precariato, anche attraverso l’introduzione dei voucher, e smantellando lo stato sociale.
Che c’entra la Puglia in tutto questo? Prima di tutto abbiamo come pugliesi la responsabilità di avere fornito al governo il ministro per il Mezzogiorno, che una volta a Roma è diventato il ministro anti-Mezzogiorno.
Tenere bloccati le risorse del Fondo di Sviluppo e coesione (FSC) che l’Europa per l’80 percento destina alle regioni del Sud Italia è un danno incalcolabile non solo per le imprese ma anche e soprattutto per i lavoratori, sia che si tratti di ricollocamenti in ampliamenti produttivi che di nuove assunzioni, il ministro Fitto sta rubando il futuro a migliaia di famiglie pugliesi.
A noi non interessano gli espedienti tecnici o i trucchetti contabili che il governo italiano sta spacciando all’Europa per non perdere la faccia sul Pnrr e sulla propria incapacità di programmare una politica di sviluppo ed una politica industriale credibile. A noi interessano le persone e gli effetti drammatici che il dilettantismo di questo governo riversa sui lavoratori.
E’ il lavoro il tema centrale, la priorità che deve occupare il primo punto nell’agenda del governo, e della politica più in generale.
La nostra regione gode di un sistema collaudato di aiuti alle imprese e di attrazione investimenti che distribuisce miliardi di euro sulla programmazione europea per nuovi insediamenti produttivi o ampliamenti di aziende del territorio. E’ un inizio, certo, ma non basta. E soprattutto non basta ai lavoratori. Anche in questo caso è necessario sedersi intorno ad un tavolo e verificare se gli aiuti sono proporzionali agli investimenti, alla loro qualità ed alla qualità dell’occupazione che producono. Non ci basta sapere che con agli aiuti pubblici concessi dalla Regione si insediano nuove imprese grazie alle quali ci saranno 100 nuovi posti di lavoro. Perché un posto di lavoro non è uguale all’altro. Prima di impegnare risorse pubbliche dobbiamo sapere se l’investimento è sostenibile e duraturo affinché l’occupazione prodotta sia vera e non perché deve fare statistica.
Poi c’è il grande tema delle competenze e delle nuove competenze legate alla formazione. Qui bisogna aprire una discussione seria. Sia perché il mondo dell’impresa sta cambiando sempre più rapidamente mentre l’offerta delle professioni è ancora ferma, sia perché spendiamo milioni di euro pubblici per corsi di formazione anacronistici.
La CGIL è l’ultimo baluardo in difesa dei diritti del lavoro.
E’ l’argine alla deriva della frammentazione sociale e del mondo del lavoro, del precariato, dello sfruttamento, di chi ancora pensa di poter approfittare dei lavoratori, di abbandonare i pensionati, di sfruttare i giovani, di ghettizzare i diversi, insomma di fare profitto sulla nostra pelle e sulle persone che noi difendiamo e rappresentiamo.
Il nostro lavoro è essere ogni giorno nei luoghi di frontiera, nelle periferie umane e sociali. In quella dimensione fisica e sociale in cui la formazione è l’elemento che unisce e che recupera la dignità, il cui riscatto passa solo attraverso il lavoro.
La nostra storia di territorio pugliese è una storia fatta di camere del lavoro comunali considerate il primo nucleo di aggregazione e di difesa delle lavoratrici e dei lavoratori.
Questo era vero per il passato e lo è ancora di più oggi proprio per come sono strutturati i nostri comuni, per i livelli di servizi pubblici erogati e anche per le forme di aggregazione.
Il Covid è stato un importante banco di prova confermando il valore e la centralità del territorio.
Le nostre sedi sono l’antidoto all’isolamento dilagante, quel baratro in cui vengono spinte le persone per un preciso disegno sociale.
Le nostre sedi sono luoghi di democrazia in cui sentirsi al sicuro.
Le nostre sedi sono luoghi di comunità e partecipazione, dove ricostruire reti di dialogo, confronto, relazione, conoscenza. Tutti antidoti alle paure che artatamente qualcuno agita indicando sempre altri responsabili, mai chi dovrebbe garantire piena dignità alla vita delle persone.
Chi crede di spaventarci o di fermarci imbrattando e vandalizzando le nostre sedi ha sbagliato i conti. Non ci hanno fermato i fascisti, figuriamoci voi.
La Cgil in alcuni Comuni è soprattutto la capacità del nostro Sistema servizi di dare risposte, compagne e compagni che vi lavorano devono essere coinvolti a pieno titolo in tutti i processi di costruzione di piattaforme, sono spesso il nostro avamposto. Su di loro continueremo a investire chiedendo la massima collaborazione alle categorie e alle Camere del Lavoro.
Sappiamo che non esiste un modello organizzativo uguale per tutto il territorio nazionale e questo forse riduce la nostra capacità di intervento con strumenti certi, ma pur cercando di contare sempre di più sul volontariato straordinario, sul miracolo della militanza sindacale di tante compagne, compagni, pensionati, bisogna continuare a investire sulle strutture comunali come elemento strutturale della nostra presenza.
La Cgil Puglia ha scelto già da due anni di destinare l’un per cento in più delle quote del tesseramento proprio alle camere del lavoro per rafforzare l’insediamento territoriale. Scelta che mi impegno a confermare e, laddove ci fossero le condizioni anche ad incrementare. Ma questo lo verificheremo insieme.
Siamo, come Cgil, sempre più soggetto di riferimento per l’inclusione e l’estensione di diritti sociali e civili, che devono viaggiare assieme. Contro un Governo oscurantista e retrogrado, siamo dentro i percorsi di lotta per affermare politiche per l’immigrazione che cessino il dramma delle morti in mare, per corridoio umanitari a vantaggio di chi fugge da guerre e povertà, per accoglienza degna di tal nome. Siamo al fianco delle comunità Lgbtqi+, perché non vi può essere discriminazione di alcun tipo per orientamento sessuale o appartenenza di genere. Siamo contro la guerra e per il dialogo tra i popoli, non ci stancheremo di ribadirlo, siamo al fianco delle donne che in alcuni Paesi lottano per affermare la propria libertà, dove finanche il diritto all’istruzione o a poter guidare un’auto viene negato.
Ogni persona ha diritto ad autodeterminarsi e la nostra solidarietà e il nostro impegno per un mondo giusto passa anche attraverso queste lotte.
CONCLUSIONI
Non vi ho ancora parlato di me. E non lo farò, perché ci vedremo spesso con tutti voi e ci conosceremo e confronteremo presto sui temi concreti. Concedetemi solo una brevissima parentesi, e sarà anche l’unica, sul mio inizio e sul perché mi sono iscritta alla Cgil.
Appena laureata avevo il desiderio di fare un lungo viaggio in Europa e trovare il mio posto nel mondo. Ma per poterlo fare era necessario che mettessi un po’ di soldi da parte senza pesare sulle tasche della mia famiglia. Era il periodo il cui iniziavano a nascere come funghi i call center in outsourcing, il mercato del lavoro rapidamente si muoveva verso nuovi lavori sempre trainato dall’antica logica per cui il profitto è più forte dei diritti.
Durante i miei anni di università ho militato attivamente nella sinistra giovanile divenendo segretaria di una delle sezioni più importanti e storiche di Bari città, la “Curiel”. E’ li che mi sono formata dal punto di vista umano e politico. Con molte delle compagne e dei compagni di quegli anni ci siamo ritrovati in Cgil. Sempre dalla stessa parte.
Quella esperienza umana e politica, la passione per la politica e l’ossessione di una azione collettiva possibile sono stati la molla che mi hanno portato a cercare la CGIL appena entrata in azienda. Una multinazionale svedese approdata a Bari per inaugurare la grande esplosione dei call center in outsourcing. Quella rappresentazione perfetta nella cornice delle Telecomunicazione tra Extraprofitti (grandi committenti) e Lavoro Povero (outsocurcer). Davide contro Golia.
Li è iniziata una nuova vita, esattamente nel momento in cui ho compreso, grazie alla mia formazione politica, che io insieme a tutti quei giovani (oggi cinquantenni, madri e padri di famiglia) non avrei dovuto lavorare solo per guadagnare due soldi, ma avremmo dovuto insieme ricercare e costruire la dignità nel lavoro attraverso le condizioni che partivano innanzitutto dal riconoscimento di un contratto subordinato. Di grande aiuto è stato il Decreto dell’allora ministro Cesare Damiano che però nulla avrebbe potuto se dal basso, dai territori, dai singoli luoghi di lavoro, dalle nostre camere del lavoro non fosse partito un sentimento reale di rivendicazione collettiva per la conquista dei diritti.
Quella è stata una stagione straordinaria di grandi conquiste sindacali se consideriamo che sono stati stabilizzati circa venti mila lavoratori su tutto il territorio nazionale.
Una stagione che ha conosciuto nei luoghi simbolo della precarietà l’applicazione di un CCNL, il riconoscimento delle RSU e qualche volta anche accordi di secondo livello. Fino ad arrivare nel 2014 al primo sciopero nazionale unitario e alla prima notte bianca dei call center.
Esattamente come oggi si sta facendo per nuovi comparti produttivi quali Amazon e i riders.
Compagne e compagni io quel viaggio in Europa non l’ho più fatto, ma ho iniziato in quel momento il viaggio più importante della mia vita: la CGIL.
Prima come semplice iscritta, poi come delegata e responsabile delle politiche giovanili per Cgil Puglia, poi come componente di segreteria della Slc e come Segretaria Generale per approdare in confederazione inizialmente come componente di segreteria della camera del lavoro di Bari ed infine come segretaria generale.
Oggi sono qui, davanti a voi, con la stessa voglia, le stesse motivazioni e la stessa capacità di sognare di poter cambiare le cose di quella ragazza di vent’anni fa. Con l’impegno di dare tutta me stessa.
Più di allora perché avverto dentro di me tutta la responsabilità ed il peso della prospettiva tanto più in un’epoca di oscurantismo in cui è minata la costituzione e la funzione del sindacato confederale.
Se mi accorderete la fiducia faremo un grande lavoro insieme, per i tanti, troppi lavoratori ancora sfruttati, per le donne, per i giovani, per i precari, per il lavoro, perché è solo il lavoro che crea il futuro.
“Ricordatevi che l’importante è la Rivoluzione e che ognuno di noi, SOLO, non vale nulla”