Il commento del segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, commenta il reporto 2020 e i dati relativi alla Puglia: Governare emergenza ma guardando al futuro con investimenti su lavoro e sviluppo"
“C’è un’Italia diseguale anche difronte all’emergenza pandemica. È stato palese nella fase di ripresa dopo la crisi del 2008, quando il Pil del Mezzogiorno è cresciuto meno della metà di quello del Centro Nord. Fragilità strutturali che hanno determinato ancora un impatto differente in relazione alla crisi pandemica, che ha avuto come epicentro regioni del Nord ma le cui ricadute economiche e sociali si sono dispiegate con maggiore drammaticità al Sud, a causa del tessuto produttivo più debole, del mondo del lavoro più frammentato, della società più fragile. La risposta allora non può che essere quella che da tempo segnala la Cgil: il rilancio degli investimenti pubblici e privati, intervenendo su obiettivi strategici nella logica di una politica di coesione e riequilibrio territoriale”.
Commenta così il Segretario Generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, il Rapporto Svimez 2020. Una perdita del Pil stimata del 10,8% a fine anno, una ripartenza nel 2021 – fatte salve altre ondate pandemiche – meno reattiva rispetto ad altre regioni e ferma al +1,7%, oltre ad un fenomeno migratorio che è addirittura in aumento – dalla Puglia sono emigrate 22mila persone. Letture e indicatori che se sommati a quelli del report di Bankitalia sull’economia regionale diffuso la scorsa settimana, restituiscono un quadro d’insieme drammatico e preoccupante sullo stato della tenuta sociale prima ancora che economica del Mezzogiorno e del nostro territorio”.
18mila posti di lavoro persi, 300mila lavoratori in cassa integrazione Covid, 118 mila nuclei familiari percettori di reddito di cittadinanza, “delineano un quadro di forte sofferenza che reclama interventi da un lato volti a sostenere i redditi in sofferenza di chi è stato più colpito dalla crisi – commenta Gesmundo -, dall’altro la necessità di procedere a una programmazione a valere sulle risorse ordinarie e straordinarie proveniente dall’Europa, in grado di affrontare in una visione d’insieme i nodi irrisolti che frenano lo sviluppo della regione e del Mezzogiorno. Dalle grandi reti infrastrutturali a una politica industriale in grado di essere sostenibile sul piano ambientale, alla ricerca e innovazione per innalzare la produttività del sistema delle imprese e attirare forza lavoro qualificata, in grado di arrestare l’emigrazione dei giovani laureati. E ancora le reti tecnologiche e l’ammodernamento della pubblica amministrazione, non ultimo il sistema di welfare e politiche della salute da rafforzare, a fronte delle debolezze manifestate durante queste emergenze".
"Di questo vorremmo discutere con gli interlocutori sociali e istituzionali. Perché tempo da perdere non ce n’è e le risorse a disposizione, mai così tante come in questa eccezionale occasione, andranno utilizzate al meglio. Pena condannare il sud e le sue regioni a un destino di marginalità e desertificazione sociale e produttiva. Magari cominciare a parlarne con l’interlocutore più prossimo, la Regione e il suo Governo, sarebbe già un passo in avanti"