Creare dei veri centri socio sanitari nei distretti, aperti 24 ore su 24, con assistenza medica ed infermieristica e con capacità di offrire anche un primo soccorso per codici bianchi e verdi, possibile attraverso la creazione della figura unica del 'Medico delle cure primarie', che abolisca i 12 mila presidi di guardia medica. E' questo il cuore della proposta presentata oggi dalla CGIL per garantire un vero servizio di assistenza continua h24, in contrapposizione a quello che è stato definito “il bluff del decreto 'Balduzzi'”, emanato la scorsa settimana e ora in via di conversione in legge. Un provvedimento che “nonostante il clamore mediatico”, non contiene “alcuna innovazione” sulla assistenza territoriale 'h24', ma si “limita a ribadire norme già esistenti e che, soprattutto, prefigura un disimpegno del servizio pubblico nelle cure primarie a favore del privato”.Per questi motivi la confederazione di corso d'Italia, anche grazie al lavoro delle categorie FP e SPI e della FP CGIL Medici, ha oggi presentato la sua proposta che parte da un assunto: “l'assistenza sanitaria h24 deve essere un presidio pubblico, l'unica strada per evitare il caos”, come ha spiegato il responsabile Salute del sindacato, Stefano Cecconi. Il primo passo da fare, secondo il sindacato, è arrivare ad un intesa tra Stato e Regioni, visto il tema 'concorrente', e affrontare il tema tra le priorità del nuovo Patto per la Salute. “Le norme esistenti permettono già l’organizzazione dell’assistenza territoriale 'h24' anche per le cure primarie - si legge nella proposta del sindacato -, lo dimostra l’esperienza di alcune regioni, che ora vanno rese norme vincolanti”. Anche per questo, secondo la CGIL, “si deve esplicitare che l’Accordo di medicina generale (la “Convenzione”) è uno strumento attuativo che deriva dalla programmazione pubblica, nazionale e regionale, per garantire i Livelli essenziali di assistenza”. Serve inoltre “inserire alcune innovazioni e precisazioni anche in sede di conversione in legge del Decreto Legge 158/2012”.Per entrare, quindi, nel merito della proposta, si parte dalla creazione nel distretto di veri Centri Socio Sanitari aperti 24 ore. “Non è più solo l’Ospedale ad essere sempre aperto e i medici di medicina generale devono essere associati e assicurare a rotazione la presenza nel Centro per le ventiquattro ore: la continuità assistenziale, oltre che nei loro studi durante il giorno e con le prestazioni domiciliari, va assicurata in questi centri h 24”, si legge nella proposta dove inoltre si osserva che, per rendere tutto ciò possibile, serve il coinvolgimento di tutti gli altri professionisti delle cure primarie: specialisti ambulatoriali, infermieri, ostetriche, psicologi, figure amministrative, e altro ancora, insieme all’integrazione con gli operatori dei servizi sociali dei Comuni.Ma oltre il merito c'è anche la tempistica per rendere tutto ciò possibile: “Bisogna stabilire una scadenza per attuare in tutto il territorio nazionale i centri con 'h24': avvio immediato e termine ultimo per completarli entro il nuovo Patto per la Salute 2013-2015”. Inoltre, dal punto di vista normativo, vanno corretti gli interventi per rendere realizzabile l’organizzazione delle cure primarie h24 con l’abolizione della 'guardia medica' (12 mila i presidi presenti sul territorio nazionale) per creare un’unica figura del “Medico delle cure primarie” (ruolo unico), intervenendo sul numero massimo di assistiti per ciascun medico (passare cioè dal 1.500 a 1.000) e, infine, cassando la norma del decreto che permette di appaltare l’assistenza h24 agli studi dei medici convenzionati (budget, attrezzature, personale, ecc.).La proposta della CGIL diventa quindi un contributo per emendare il decreto Balduzzi in via di conversione in legge. “Chiediamo un confronto con le commissioni parlamentari, che il sindacato sia tra gli auditi, e ribadiamo la nostra richiesta di incontro al ministro della Salute e alla Conferenza delle Regioni sulla riforma delle cure primarie prevista dal decreto”, ha affermato il segretario confederale della CGIL, Vera Lamonica, nel sostenere le ragioni di una proposta che mira ad “una vera riorganizzazione della medicina territoriale e che rafforzi il servizio pubblico e non appalti ai medici di medicina generale la gestione delle cure primarie”. Ma è soprattutto una proposta in linea con un vero processo di revisione della spesa: “E' la chiave di volta per riorganizzare davvero il sistema e fare una vera operazione di spending review”, ha spiegato Lamonica paventando i rischi che “i 22 miliardi tagliati in 4 anni con le diverse manovre non siano sopportabili, determinando un effetto terremoto sul servizio sanitario nazionale e compromettendo la tenuta dei livelli essenziali di assistenza”.