Nuovo Statuto, i giuristi: l'attacco ai diritti e al lavoro ha provocato un disastro sociale

Costituzione, contratto, democrazia. Sono la parole risuonate più spesso nell’aula del palazzo di Giurisprudenza di Bari che questa mattina (10 febbraio) ha messo a confronto sindacalisti, giuslavoristi e studenti. Al centro della discussione le proposte contenute della Carta dei diritti universali del lavoro, “che non è solo un impianto normativo, è un manifesto culturale e politico che rimette al centro la funzione e il valore sociale  del lavoro, ma è anche un’idea di sviluppo e di relazioni industriali completamente alternative al modello portato avanti negli ultimi venti anni”, ha spiegato nel suo intervento finale il segretario confederale Serena Sorrentino.

Promossa da Cgil Puglia e Università degli Studi, la giornata seminariale si inserisce nel programma delle oltre 1700 assemblee che il sindacato ha messo in calendario tra luoghi di lavori e territori, “perché è una proposta che guarda all’interesse dell’intero paese”, come ha sottolineato il segretario generale della Cgil regionale, Gianni Forte. “E vogliamo provare a farla vivere quanto più possibile in tutto il corpo sociale, non solo tra gli iscritti e non solo tra i lavoratori. Importante allora aver scelto anche il dialogo con i giovani, gli studenti, aver scelto una sede universitaria”.

E proprio dal dipartimento di Studi giuridici dell’Università “Aldo Moro” è arrivato un importante contributo alla stesura della Carta proposta oggi dalla Cgil. A coordinare il pool di giuslavoristi il professor Umberto Carabelli, direttore della Rivista giuridica del lavoro e decano dell’ateneo barese. A lui è toccata la relazione introduttiva: “Il diritto del lavoro, se tale vuole essere – ha spiegato – deve pensare ai soggetti più deboli, ai lavoratori. Altrimenti è diritto dell’impresa”. Che è quello che è accaduto negli ultimi anni, quando un modello liberista ha guardato al lavoro e alle persone che contribuiscono a creare la ricchezza delle imprese come ad una merce, a qualcosa da sfruttare. Quanto prodotto è sotto gli occhi di tutti: un disastro sociale”. Con un allarme democratico “quando basta una lettera di rappresentanti di istituzioni economiche e non politiche per imporre all’Italia e ad altri paesi di intervenire sui sistemi di tutela del lavoro, senza che vi sia stato un pronunciamento di organismi democraticamente eletti”.

Anche Andrea Lassandari, docente di Diritto del lavoro dell’università di Bologna, è tra i giuristi che ha collaborato con la Cgil per la stesura della Carta, che definisce “ambiziosa, come è giusto che sia, di grande sostanza sul piano normativo e culturale. Un manifesto alternativo alle politiche liberiste che occorre far circolare tra le persone, un punto di vista diverso e originale nell’intero panorama europeo”. Utile a svelare, ha sostenuto Vincenzo Bavaro, anch’egli docente di Diritto del Lavoro a Bari, “le menzogne della propaganda del governo. L’articolo 8 e il Jobs Act sono serviti a rompere due assi portanti del diritto del lavoro europeo dell’intero ‘900. LA tutela solidale e quindi il contratto collettivo, e la tutela dal licenziamento. Con questa Carta torna la democrazia del contratto e torna il reintegro. Senza partire da queste due architravi del diritto tutto lo sforzo prodotto sarebbe stato inutile”.

Tema ripreso da Serena Sorrentino a conclusione del seminario: “A chi ci chiede perché ora, perché questa tempistica, rispondiamo perché il Jobs Act è il punto di aggressione più alto portato al lavoro e ai diritti. E  perché il combinato di quei provvedimenti con la riforma istituzionale che si propone ridisegnano l’articolo 1 della nostra Carta costituzionale. Allora ci facciamo carico di una battaglia anche identitaria che nasce dalla soggettività del mondo del lavoro. La regolazione del mercato del lavoro non ha portato sviluppo ma ha inciso profondamente sulla condizione del lavoro e dei lavoratori. Noi siamo in campo per un riequilibrio dei diritti, per sanare la profonda frattura generata dal Jobs Act. Lottiamo per diritti universali a prescindere dal tipo di contratto, perché la legislazione non segua unilateralmente il solo diritto dell’impresa, perché il lavoro sia fondamento costituzionale”.

Lello Saracino, www.rassegna.it