In Puglia boom dei voucher, nel 2016 venduti oltre 6 milioni

12 -01-2017

Dopo tre anni di voucher «rinforzati» (ovvero con l’ampliamento delle soglie di utilizzo) la tendenza sembra chiara: l’impiego dei buoni lavoro non fa emergere il sommerso. Magari può determinare l’effetto contrario: ovvero far «immergere» nella palude chi, in tempo di crisi, vuole alleggerire la voce costi. L’analisi è supportata da dati che chiariscono la portata del fenomeno: nei primi 10 mesi del 2016 la Puglia della produzione (dati Inps) ha già venduto 5.745.700 voucher, il 30% in più rispetto allo stesso periodo del 2015 e il 150% rispetto al 2014. Nel 2015 (dato annuale) ne sono stati generati 4.426.841, nel 2014 2.767.655 e nel 2013 1.116.171. Ma c’è di più. Una rielaborazione della Cgil — sempre su dati Inps — indica per la prima volta il numero delle persone che in Puglia ha lavorato con i voucher: 105.383 nel 2015, 72.195 nel 2014 e 36.409 nel 2014.

E i guadagni? La media a persona è di 43,2 voucher annuali. Il che porta a fissare uno «stipendio» medio di 324 euro a lavoratore. Il profilo? Anche sotto tale aspetto il dato non è incoraggiante. La «stangata» è per le nuove generazioni che sostengono tutto il peso della precarietà. Nella classe fino ai 29 anni si concentra quasi la metà dei voucher venduti (46% pari a 48.510 unità). E se tale valore lo si somma a quello fino ai 39 anni il dato balza a poco meno del 68% (complessivamente 71.582). «Quello che era nato come uno strumento per regolare il lavoro occasionale — denuncia Giuseppe Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia — si è trasformato in una gabbia di precarietà che imprigiona soprattutto i giovani. Il sistema dei voucher va eliminato al più presto senza ipotizzare correttivi. Mi chiedo se il dato dei 324 euro all’anno non sia solo un sistema per occultare ben altro. Magari dichiarare di aver lavorato un’ora per poi mascherare l’intera giornata di attività».

Anche dal punto di vista del gradimento aziendale si registra un boom: ogni anno c’è il raddoppio del numero delle imprese che sceglie la via dei voucher. L’analisi Cgil, anche in questo caso, è chiara: nel 2013 i committenti erano 11.388, l’anno successivo 20.545 e nel 2015 ben 29.268. Il «pieno» lo fa l’azienda dai 5 ai 70 dipendenti fino a 70 voucher medi per lavoratore (utilizzo estensivo). Tale categoria ne ha generati 1.827.959. Segue il segmento oltre 5 lavoratori e oltre 70 voucher (utilizzo rilevante) con 1.345.423 unità. I comparti? Primeggiano alberghi e ristoranti. «Il voucher — conclude Gesmundo — è uno strumento che non è più recuperabile. È un’arma utilizzata dalle aziende per eludere i controlli a scapito dei lavoratori. Questi ultimi, infatti, stanno pagando il prezzo della crisi in termini di perdita del reddito e dei diritti. D’altronde gli incentivi concessi al sistema delle imprese non stanno rilanciando l’economia. Anzi, il Pil della Puglia non cresce e si stanno bruciando posti di lavoro stabili. La soluzione? Sostenere il mercato interno aumentando il reddito dei dipendenti. Ci sono opere pubbliche da realizzare, scuole da costruire o ristrutturare. L’obiettivo è dare la possibilità ai lavoratori di spendere essendo così protagonisti della ripresa dell’Italia. Basta con il solo aiuto alle imprese».

(da corrieredelmezzogiorno.corriere.it - Vito Fatiguso)


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