Lavoro povero e precario in Puglia, 5 Sì ai referendum per i diritti e la dignità

06-06-2025 18:48:02

500mila lavoratori e lavoratrici, il 56,8% del totale dei settori privati, vivono con un salario netto mensile pari o inferiore a mille euro. Oltre 280mila di questi avevano in essere rapporti di lavoro a termine, e un terzo è in quest condizione da almeno cinque anni. Un lavoratore su dieci non supera i due mesi d’impiego. Specchio di questa condizione di sofferenza del mondo del lavoro è il dato che vede quasi un pugliese su tre vivere in famiglie con redditi inferiori alla soglia del rischio povertà.

Sono alcuni dei dati diffusi questa mattina dalla Cgil nel corso della conferenza stampa organizzata presso l’Università degli Studi di Bari, alla quale sono intervenuti la segretaria generale Gigia Bucci, l’economista e docente Michele Capriati, il responsabile dell’Ufficio Economia della Cgil nazionale, Nicolò Giangrande.

Il lavoro povero e precario in Puglia è il titolo scelto per sostenere la fondatezza dei requisiti referendari proposti dalla Cgil sul lavoro, a partire proprio dall’analisi dei principali indicatori soprattutto qualitativi degli occupati nella regione. Salari bassi che fanno dire solo al 36% degli occupati pugliesi di essere soddisfatti dei propri guadagni. Una condizione di precarietà e povertà lavorativa diffusa su tutto il territorio nazionale, come ha spiegato Giangrande, che ha curato il report della Cgil nazionale sui salari. “Il salario lordo annuale medio, esclusi agricoltura e lavoro domestico, è di 23.662 euro. Part time e contratti a termine, unitamente alla forte discontinuità lavorativa, determinano un complessivo abbassamento dei redditi. Fattori che assieme alla bassa retribuzione oraria fanno sì che oggi in tanti in Italia sono poveri pur lavorando”.

Per Capriati quella della Cgil “è una battaglia giusta perché con i referendum, oltre a intervenire tecnicamente sulle leggi che si intende modificare, si mette in discussione quel modello di sviluppo che da oltre trent’anni è stato costruito a partire dalla svalorizzazione del lavoro e dall’abbattimento dei salari, con la proliferazione di contratti precari. Una precisa strategia politica ed economica che ha prodotto i risultati che stiamo illustrando in termini di ricchezza sia del lavoratori che di impoverimento anche della struttura produttiva”.

Dietro i numeri ci sono le sofferenze e le aspirazioni negate di persone in carne e ossa, e alla conferenza stampa sono intervenute tre lavoratrici a testimonianza della validità dei quesiti referendari.  Valeria Crocitto, delegata Filcams e dipendente di un punto vendita McDonalds, assunta dopo l’entrata in vigore del Jobs act “è quindi pur lavorando nello stesso luogo che da più anni di altri colleghi, perché stabilizzata a novembre 2016 non ho le stesse tutele dei miei colleghi in caso di ingiusto licenziamento”. Di vulnerabilità ha parlato Valeria Genchi, delegata Nidil e precari della sede di Bari dell’Ipsos. “In questo sistema una persona non ha il controllo del proprio futuro, non può fare progetti, non ha indipendenza e vive nella speranza e nell’attesa di un rinnovo di contratto”. L’avvocatessa e attivista per i diritti civili Shady Alizadeh è intervenuta per denunciare “come questo paese non abbia mai fatto fino in fondo i conti con il razzismo. Io non voglio parlare di integrazione ma riconoscimento, non di inclusione ma di diritti e dignità. E invece anche rispetto al quesito sulla cittadinanza “prevalgono parole d’odio e distorsioni della realtà”.

Jacopo Lo Russo, coordinatore dell’Unione degli Studenti Puglia, ha ricordato “l’impegno dei giovani impegnati in percorsi di formazione per questa campagna referendaria. Per noi non è un tem del futuro ma del presente il precariato, che investe tanti costretti a sostenere costi sempre maggiori per gli studi”.

“Siamo in campo per ridare dignità sociale, quella della Costituzione, al lavoro”, ha concluso la segretaria Bucci. “C’è un paese reale, fatto delle storie che abbiamo ascoltato, che vive dei salari e del lavoro povero e precariato ben illustrato dai numeri, contro una paese virtuale, quello della propaganda delle destre che invita a non votare per avanzare sul piano dei diritti sociali e civili. Noi chiediamo a tutti, lavoratori e cittadini, giovani e pensionati, di andare a votare l’8 e 9 giugno, per ambire il paradigma di sviluppo del Paese, rimettere al centro la persona e non i profitti, i diritti e non la precarietà e il ricatto. E non ci fermeremo il 9 giugno qualunque sarà l’esito del referendum”.

- In allegato il report con i numeri sulla condizione del lavoro e dei salari in Puglia


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