Puglia tra precariato e salari bassi, 80mila poveri anche se lavorano

16-06-2022 16:31:22

In Puglia oltre il 90% dei rapporti di lavoro attivati nel 2021 è a tempo determinato o altre forme precarie, dove fortissimo è il turn over – oltre un milione di attivazioni e cessazioni nello stesso anno, con saldo positivo grazie al rimbalzo post Covid, e dove il 60% dei rapporti di lavoro è inferiore ai tre mesi. Dove un quarto dei poveri della regione - circa 80mila - è tale anche se lavora, e giovani e donne sono le figure più svantaggiate. Mancanza di opportunità che probabilmente sono alla base degli oltre 400mila pugliesi emigrati dal 2002 all’estero o in altre regioni italiane. Sono alcuni dei dati sul mercato del lavoro in Puglia nel 2021 illustrati oggi giovedì 16 giugno nel corso dell’iniziativa  promossa dalla Cgil Puglia dal titolo “Buona occupazione per il presente dei giovani e il futuro della Puglia, presso la Biblioteca di Santa Teresa dei Maschi a Bari.

Vulcano: basta retorica dei giovani sul divano, la condizione è drammatica

“Abbiamo voluto questo momento di riflessione e confronto - ha spiegato nella relazione introduttiva Maria Giorgia Vulcano, responsabile del Dipartimento Politiche Giovanili della Cgil Puglia - perché la condizione lavorativa dei giovani è tema affrontato spesso con superficialità, stereotipi e retorica. Spesso a ridosso dell‘estate e del lamento delle imprese del turismo piuttosto che dell’agricoltura di non riuscire a trovare manodopera. E giù critiche ai giovani. A guardare i numeri dell’Anpal sul mercato del lavoro in Puglia, lo spaccato che emerge parla di precarietà diffusa, di salari poveri, di profili lavorativi richiesti prevalentemente non qualificati e a basso o medio contenuto di istruzione. Le forme precarie a termine sono diventate il quasi esclusivo tipo di contratto applicato ai neo assunti. Infatti del milione e passa di rapporti di lavoro attivati nel 2021, oltre l’82% è a tempo determinato a cui si somma un 10% di altre forme ultra flessibili, come apprendistato o collaborazione. Inoltre la durata media dei rapporti di lavoro cessati nel 2021 è stata per il 60% dei casi inferiore ai tre mesi e addirittura inferiore ai 30 giorni per il 33%. Questa è la realtà, a fronte di giovani - e qui ne sono presenti tanti - che sono prontissimi a mettersi in gioco ma che tramite un lavoro vogliono poter costruire percorsi di autonomia e indipendenza, e non continuare a essere - per citare la frase di Rino Gaetano che campeggia sul manifesto dell’iniziativa - sfruttati, mal pagati e frustrati”.

Oltre 25% dei rapporti a termine lo sono da oltre 5 anni

In Puglia hanno più opportunità a trovare un lavoro gli over che non gli under 35, questi ultimi interessati da attivazioni di rapporti nel 2021 nella misura del 38% del totale, a fronte di un dato nazionale del 42%. Va peggio per le donne, interessate solo dal 39,2% delle assunzioni totali nell’anno 2021, dato che si abbassa al 36% per le under 35, e per le quali prevalgono profili professionali non qualificati nei soliti settori: oltre un terzo del totale in agricoltura, quindi ristorazione, commercio, servizi di pulizia. Non sorprende in questo scenario che i dipendenti con bassa paga in Puglia siano il 14,5% del totale (dato che sale al 22,5% per le donne) con il paradosso che si può essere poveri anche lavorando: il 22,9% (oltre 81mila persone) degli individui poveri in Puglia è occupato. Gli occupati a termine da oltre 5 anni sono oltre il 25%, al punto da trasformare la condizione di precarietà come permanente. Una condizione complessiva che spinge alla sfiducia, testimoniata dalla mancata partecipazione al lavoro che supera di poco il 30% (37,5% per le donne) e dal numero di Neet che sono il 30,6%.

Gesmundo: Investire su Sud e giovani per far crescere il Paese

A conclusione del dibattito, nel corso del quale si sono confrontati studenti, lavoratori, istituzioni, imprese, rappresentanze sociali, il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesumando, ha voluto ringraziare i tanti giovani presenti “che dimostrano la voglia e lo spirito di partecipazione alle politiche di cambiamento che dobbiamo mettere in campo. Puntare sui giovani si, ma farlo oggi: consegnare le decisioni nel presente, dare risposte ai bisogni a fronte degli stimoli che arrivano. I giovani sono arrabbiati, e va bene. Il problema è quando sono sopraffatti dalla sfiducia, quando si rassegnano a una condizione che sembra immutabile”. In una fase in cui ci sono investimenti importanti, “Dobbiamo ragionare di un cambio di paradigma rispetto a tutele, politiche industriali, politiche energetiche, di rilancio del Paese partendo dai giovani e dal Sud, come indica il Pnrr. Qui ci sono passioni e potenzialità, uomini, donne, competenze, che vogliono contribuire alla crescita del Paese, anche se ritornano idee divisive come l’autonomia differenziata, una proposta che va in tutt’altra direzione e troverà la nostra ferma opposizione”. La scommessa allora è tenere qui i giovani. E ogni euro di risorse pubbliche investite, gli effetti prodotti per il segretario della Cgil Puglia vanno misurati “non in punti di Pil ma guardando a quali condizioni di benessere hanno determinato, quale occupazione. Perché i dati di oggi ci dicono che si torna crescere ma si perde lavoro stabile, buona occupazione, e si guadagna lavoro precario. E così si è poveri pur lavorando. Il tempo è adesso, vanno fatte scelte chiare, il tema dei salari è fondamentale, così come va fatto capire alle imprese che la competizione non si può fare comprimendo diritti e salari, fermi in Italia da trent’anni, mentre in Europa crescevano“. Così, rispetto al piano per il lavoro “che stiamo costruendo con la Regione, non può che essere figlio del confronto esteso, della partecipazione, dei giovani come del mondo della conoscenza e della formazione, perchè deve avere una prospettiva di cambiamento. Dobbiamo avere una visione e il governo delle decisioni, non lasciando che sia il privato, le grandi multinazionali, a indirizzare scelte e investimenti. La Cgil è in campo e non si fermerà, ma quella di un lavoro dignitoso, con un giusto salario, che permetta di far crescere tutto il Paese e dare opportunità ai giovani, è una battaglia che nessuno può permettersi di perdere, perché sarebbe una sconfitta per tutti”.


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