Riforma Pensioni, Cgil: "Penalizzati donne, giovani, precari e Mezzogiorno"

20-10-2021 13:57:53

“Noi chiediamo da tempo una riforma vera e organica delle pensioni, mentre ci sembra che il Governo si stia concentrando principalmente sul superamento di Quota 100. Chiediamo al Governo di cambiare strada, di fare una proposta che vada incontro a quelle che sono le richieste anche del sindacato, che interpreta una preoccupazione forte nel mondo del lavoro su questi temi. Le proposte che stanno venendo avanti invece, qualora fossero venissero poi confermate per il sindacato non sono accettabili. Nessun lavoratore oggi può accedere alle opzioni di cui si parla, quota 102 e quota 104”. È stato segretario confederale della Cgil nazionale, Roberto Ghiselli, a chiudere i lavori dell’iniziativa promossa dalla Cgil Puglia assieme al Patronato Inca regionale dal titolo “Pensioni e sistema previdenziale. La riforma che vogliamo”, svoltasi questa mattina a Bari presso la sede della confederazione regionale. Un tema di attualità, quella della riforma pensionistica, che campeggia oggi su tutti i quotidiani “e che chiama il Governo a decisioni importanti che devono guardare al futuro”.

Una riforma previdenziale e assistenziale che, per come si paventa dalle anticipazioni di queste ore, ha segnalato in apertura dei lavori il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, “rischia di avere pesanti ricadute sui territori del Mezzogiorno a causa della struttura del mercato del lavoro, della sua condizione economica, per i livelli di qualità e quantità di servizi pubblici. Se pensiamo solo alla nostra regione: un quarto dei lavoratori con bassa paga, il grosso dei dipendenti privati ascrivibile a settori a basso valore aggiunto e quindi con salari più poveri – dal terziario all’agricoltura -, dove sussistono sacche enormi di lavoro grigio e le opportunità occupazionali sono sostanzialmente solo precarie, dove i livelli di welfare territoriale sono bassi, una riforma non organica e che non persegue indirizzi di equità e solidarietà, rischiare di aggravare il divario territoriale. Mentre siamo impegnati a ragionare su progetti e investimenti che devono spingere verso la coesione sociale e territoriale. Un controsenso nei fatti”.

Nella relazione introduttiva la segretaria regionale della Cgil Puglia, Filomena Principale ha ribadito come “Non ci si può illude che la soluzione si concentri su aspetti parziali e su provvedimenti provvisori come quelli sinora attuati, è necessario ed ineludibile una riforma che guardi a chi il lavoro lo ha, ma che presti attenzione a quelle lavoratrici e lavoratori che hanno visto una riduzione progressiva delle retribuzioni medie e che fanno i conti con precarietà e occupazione intermittente”.  

In Puglia sono 1 milione e 160 mila le pensioni erogate, e la media dell’assegno mensile è al netto di poco superiore a 600 euro. “Nella piattaforma Cgil Cisl Uil così come nella memoria consegnata il 6 ottobre  alla Commissione della Camera che si sta occupando dell’analisi della spesa previdenziale, affermiamo – spiega Principale - che  un sistema solido e sostenibile può avere radici solo in un’occupazione di qualità, consapevoli che senza lavoro non c'è previdenza. Si deve allora prestare attenzione a quelle lavoratrici e lavoratori che vivono precarietà e bassi salari e per la stessa ragione non possono nemmeno permettersi una previdenza complementare”. Si deve poi tenere conto per la Cgil “di alcuni dati, come ad esempio, il differenziale fiscale più alto per i pensionati del nostro Paese. L’auspicio è che il lavoro della Commissione preposta all’analisi della spesa previdenziale e assistenziale, possa essere utile per giungere ad una corretta rappresentazione della effettiva spesa pensionistica italiana”.  

All’iniziativa è intervenuto Giuseppe Luigi D’Aprile, dirigente Area Pensioni dell’Inps Puglia, che ha prima di tutto ricordato come “per noi il rapporto con il Patronato è fondamentale, le pratiche patrocinate sono l’80%”. Quanto alla riforma che vogliamo, “credo che togliere Quota 100 e creare per pochi mesi uno scalone sia sbagliato. Il totem dei 40 anni è miseramente caduto ma in nessuna nazione europea si va in pensione a 67 anni. Non mi si può dire che a 67 anni una persona può salire su una impalcatura Ma lo stesso vale nell’industria, in una catena di montaggio, a rispettare i ritmi di produzione. Ma vale anche per il pubblico: una maestra di scuola materna o elementare che deve seguire dei bambini, una infermiera che nel notturno cura da sola un reparto con 80 degenti quando un tempo erano in quattro a lavorare. Ci sono alcune categorie che dalla riforma Fornero non sono state toccate, penso ai militari che vanno in pensione a 56 anni. Allora in una logica di sussidiarietà occorre chiedere a tutti uno sforzo per poter fare cose diverse. Una volta che una riforma è sostenibile, poi è solo un problema di scelte”.  

Tutela individuale e prospettive previdenziali sono priorità per un Patronato come l’Inca, ha ricordato il coordinatore regionale Salvatore Arnesano. “Parlare di previdenza significa parlare prima di tutto della qualità del lavoro di quando si entra nel mercato. I dati della Puglia ci dicono che la situazione previdenziale non è affatto rosea, la media delle pensioni liquidate con sistema liquido puro è 248 euro. Quanto alla previdenza complementare è stato già detto come i giovani hanno difficoltà a costruire il primo pilastro figuriamoci il secondo. Così come dobbiamo poi guardare anche ai lavoratori immigrati, perché le evasioni contributive gravano sulla cassa previdenziale, allora abbiamo bisogno di più lavoratori con retribuzione dignitosa. E qui serve l’azione di contrasto a lavoro nero e irregolare”.  

Quanto alla piattaforma di Cgil Cisl Uil, Ghiselli ha sottolineato come “il sistema che vorremmo va in primis bilanciato con interventi di equità e solidarietà. Ad esempio la speranza di vita è diversa da persona a persona. Aspettativa operaio è 3 anni in meno di un dirigente, come si fa a trattare questi casi allo stesso modo? Così come le donne non hanno le stesse condizioni, perché su di loro grava per il 75 per cento il lavoro di cura. E poi vorremmo pensioni dignitose, e chi non ce la fa a costruirsi una posizione negli anni deve essere aiutato dalla collettività”.  

Tra le proposte del sindacato “c’è la flessibilità in uscita, cioè la possibilità a scelta del lavoratore o della lavoratrice di andare in pensione con 62 anni di età o con 41 anni di contributi. Poi crediamo che occorra dare una risposta alle donne che sono penalizzate sul mercato del lavoro, riconoscendo anche il lavoro di cura, e crediamo che non tutti i lavori siano uguali quindi occorre riconoscere anche che certi lavori sono più gravosi e quindi quei lavoratori possono andare in pensione prima o avere trattamenti comunque diversi. Poi ci poniamo il problema importantissimo della prospettiva previdenziale per i giovani. Con le attuali regole ai giovani non offriamo una prospettiva previdenziale reale, andranno in pensione a oltre settant'anni con pensioni bassissime e quindi chiediamo una pensione contributiva di garanzia per i giovani e per tutti coloro che hanno lavori poveri o discontinui. Fino ad oggi il confronto con il Governo non c’è stato, soltanto un incontro a luglio ma non si è entrati nel merito. Se dovesse proseguire così siamo ovviamente pronti a fare la nostra parte”.


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