"Araba Fenice", Cgil: inchiesta allarmante, profitti sulla pelle dei pugliesi

Dichiarazione del segretario generale della Cgil Puglia: modus operandi se confermato non diverso da quello delle mafie, e parliamo di industrie nel caso dell’Enel dove il principale azionista è lo Stato

29-09-2017 09:59:41

  Quanto emerge dall’inchiesta “Araba Fenice” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, e che in Puglia interessa la centrale a carbone di Cerano, nonché l’Ilva e la Cementir di Taranto, è di una gravità allarmante. Colossi dell’industria che giocano con la salute dei lavoratori e dei cittadini per risparmiare somme che incidono per uno zero virgola sul fatturato: parliamo dell’Enel, società il cui principale azionista è il Ministero dell’Economia, cioè lo Stato.    E’ quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, in merito all’accusa di utilizzo di rifiuti pericolosi per la produzione di cemento.   Questa è una regione che ha pagato e sta pagando un prezzo altissimo a un’industrializzazione che è stata realizzata senza tener in grande considerazione l’impatto ambientale e sulla salute delle persone. Da quella stagione stiamo chiedendo con forza di uscire, difendendo occupazione e produzione, investendo massicciamente in bonifiche e riconversioni: è il caso proprio della centrale a carbone di Brindisi e del siderurgico di Taranto.    Mentre i territori, le parti sociali, le istituzioni sono impegnate in un confronto serrato con il Governo e le imprese perché questo percorso venga imboccato senza esitazioni, scopriamo che si continuava a speculare sulla nostra pelle, su quella dei cittadini pugliesi, con atteggiamenti che se confermati avrebbero un modus operandi non diverso da quelle delle mafie che agiscono in spregio a ogni regola e rispetto delle persone, per la sola ragione del profitto.    La Cgil Puglia non a caso ha intitolato la propria piattaforma programmatica “Sviluppo, lavoro, ambiente”. Questa regione va risarcita dell’invasività e insostenibilità dell’industria pesante, in termini di investimenti che risanano e garantiscono assieme continuità occupazionale. Chiediamo che tutti i soggetti dello sviluppo prendano atto di questo, al Governo chiediamo di dare maggiore ascolto a istituzioni e sindacati locali, messi a parte nel momento di importanti decisioni come quella sul futuro dell’Ilva. Che la giustizia faccia il suo corso e ci dica tutto rispetto a cosa ha determinato in termini di inquinamento questo modo di produrre. E lo Stato intervenga rispetto a colossi dell’industria nazionale e ai suoi dirigenti infedeli che hanno operato mettendo a repentaglio la salute del territorio, di chi lì lavora, dei cittadini.

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