Arresti Brindisi, Gesmundo: chi nega caporalato si schiera con mafie

Il segretario generale della Cgil Puglia dopo gli arresti di quattro caporali che sfruttavano quindici donne nelle campagne di Turi

20-06-2017 09:37:28

“Abbiamo letto imprenditori affermare con sicurezza che quello del caporalato e dello sfruttamento erano fenomeni che non interessavano il proprio settore agroalimentare. Insigni opinionisti si sono spesi nel descrivere come vessatoria, esagerata, la legge contro il caporalato e che chiama in causa la responsabilità delle imprese che ai caporali ricorrono. Addirittura qualcuno si è spinto a dire che il caporalato è in fondo un modo informale per far incontrare domanda e offerta di lavoro, che esiste un ‘caporalato buono’. Lo ripetiamo a costoro una volta per tutte: nella lotta a questa piaga che offende e colpisce non solo la dignità ma anche i corpi di tanti uomini e donne, non ci possono essere posizioni mediane. O si sta dalla parte della legge o dalla parte dell’illegalità, degli sfruttatori, delle mafie”.

E’ quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, in merito agli arresti avvenuti nel brindisino di quattro caporali che sfruttavano quindici donne impegnate nella raccolta delle ciliege a Turi, “settore dove - garantivano solo qualche settimana fa rappresentanti di associazioni imprenditoriali – il caporalato non esiste”. E invece “minacce, violenze, offese. Il copione dei caporali non muta, i lavoratori non sono persone ma corpi da sfruttare e se necessario anche punire, come se fossimo ai tempi dello schiavismo. Lucrano sul bisogno delle famiglie ad avere un reddito benché minimo, in cambio di una fatica dura. Ovviamente con la consuetudine del sottosalario e vere e proprie forme estorsive, somme di denaro sproporzionate trattenute sulla paga giornaliera dai caporali”, sottolinea Gesmundo.

“Chi dice che il caporalato non esiste o che rappresenta un fenomeno marginale dovrebbe vergognarsi e chiedere oggi scusa a queste donne, oggetto di violenze psicologiche e fisiche. E’ evidente cosa fa paura, il principio della responsabilità oggettiva del datore di lavoro, introdotta dalla nuova normativa. Ebbene gli imprenditori non sono un corpo a parte della società, non possono far finta che quei caporali agiscano per proprio conto. Devono assumersi socialmente la responsabilità del loro agire, non possono far finta di non sapere chi assume e come paga questi operai. Bene la legge quindi, anzi vanno rafforzati gli organismi preposti all’azione ispettiva, controlli che sono ancora pochissimi rispetto al numero di aziende nella nostra regione, nonostante la presunta militarizzazione denunciata da qualcuno. E sarebbe ora – conclude il segretario generale della Cgil pugliese - che i vari protocolli firmati a livello nazionale e regionale diventassero operativi, che vi fossero risorse certe per accoglienza, intermediazione pubblica di manodopera, trasporti, ispezioni. Abbiamo presentato come Cgil e Flai proposte concrete che rilanciamo agli attori istituzionali. Si avvicina un’altra estate delle grandi raccolte e va intensificato ogni sforzo nella direzione del contrasto al caporalato: non agire in questo senso significa essere conniventi di un sistema criminale che sfrutta e sottrae risorse ingenti alla collettività”.

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