Diciotto mesi nei Tribunali e nessun rimborso: tirocini formativi o lavoro gratuito?

La denuncia di Maria Giorgia Vulcano, responsabile del Dipartimento Politiche Giovanili della Cgil Puglia. “Nella nostra regione coinvolti circa 150 giovani laureati in Giurisprudenza”

29-06-2017 09:33:00

Alcuni organi di informazione hanno diffuso oggi i dati relativi ai tirocini presso i tribunali, introdotti nel 2013 dal cosiddetto “Decreto del Fare”. Nel corso del primo anno di svolgimento tale novità ha riscosso un certo favore tra i giovani laureati in Giurisprudenza, in quanto rappresentava l’opportunità, al contempo, di svolgere un’attività formativa e di vedersi riconosciuto un contributo pari a 400 euro mensili.

Come si legge nella Delibera Plenaria del Consiglio Superiore della magistratura, datata 29 aprile 2014, lo stesso organo definisce i tirocini in questione, ritendendone positivi i risultati, in termini  “di risparmio di spesa e di maggior efficienza sul lavoro del giudice, con diretta incidenza sull’arretrato”,  strumenti organizzativi del lavoro del magistrato.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il Ministero di Giustizia con il decreto interministeriale 30 dicembre 2016 provvede ad ampliare la platea dei tirocinanti, non solo senza incrementare i fondi per le borse di studio, ma introducendo criteri più stringenti per avervi accesso, di cui si è avuto contezza solo a domanda già presentata.

Su tutto il territorio nazionale sono 1.300, mentre nella nostra regione la stima si attesta intorno ai 150, i giovani che, dopo 18 mesi di impegno e responsabilità, non hanno ricevuto quel rimborso spese che, per quanto esiguo, per molti rappresentava un’ importante ed utile entrata. Ci troviamo palesemente dinanzi ad uno stratagemma volto ad aggirare le inefficienze del sistema giustizia, determinate dal blocco del turn-over imposto in questi anni dalle politiche di austerità.

Nulla volendo eccepire per quanto attiene al profilo formativo dell’esperienza, non possiamo però non sottolineare le storture di tale provvedimento. Da una parte si registra, a fronte della gratuità della prestazione, un onere da parte dei tirocinanti, i quali devono necessariamente ricorrere a proprie spese ad una polizza assicurativa, in ossequio alle responsabilità assunte in conseguenza del proprio ausilio al lavoro del giudice. Dall’altra, è necessario ribadire ancora una volta, che quelle professionalità e competenze rilevate con entusiasmo dal CSM non possono e non devono essere prestate in forma gratuita. Il tirocinio, infatti, prevede un impegno di numerose ore di vero e proprio lavoro, anche altamente qualificato a livello tecnico-giuridico, che in tale situazione non trova alcun riconoscimento. Per queste ragioni, inoltre, risulta inadatto lo strumento delle borse di studio, tenuto conto della fattispecie in esame.

Sono dati ancor più scoraggianti se letti congiuntamente a quelli relativi all’identità dei nuovi poveri nel nostro Paese. Infatti, se dieci anni fa la fascia anagrafica maggiormente interessata dal fenomeno della crescita di povertà e diseguaglianze era quella degli over 60, oggi il 46,6 % dei poveri totali risulta sotto i 34 anni. Abbiamo necessità di restituire, da un lato, protagonismo ad una generazione che sta pagando gli effetti durissimi della crisi tanto nel mondo del lavoro quanto in quello della formazione; dall’altro, dignità e diritti ai lavoratori in un contesto di repentine trasformazioni, battaglia per la Cgil centrale come testimonia la proposta di legge di iniziativa popolare della Carta Universale dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.


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