Rapporto Svimez, Cgil: al Sud servono investimenti pubblici

Il segretario generale Pino Gesmundo: non servono neo regionalismi come insegue la Puglia, ma più coesione tra territori e maggior dialogo sociale

03-08-2018 12:21:02

“Uno dei temi più importanti per la tenuta del Paese e per il recupero della competitività è quelle delle diseguaglianze territoriali da sanare tra Nord e Sud. Per fare questo, lo ha ribadito  ancora una volta lo Svimez nell’anticipare il suo Rapporto 2018, serve una forte spesa pubblica. Allora la priorità dovrebbe essere la cooperazione solidale tra regioni più ricche e regioni più povere, con un forte ruolo dello Stato anche sul versante degli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali. Per questo lascia perplessi che invece di chiedere più attenzione e risorse, dalla Puglia si alzi la bandiera dell’autonomia”. E’ quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo.

 

Il Sud è vero che mostra segnali di ripresa nell’ultimo triennio, “ma, ci dice lo Svimez, non basta per recuperare il patrimonio sociale ed economico disperso nei lunghi anni della crisi. E quel che è mancato è proprio una forte spesa pubblica. Così sono aumentate diseguaglianze, povertà, disagio sociale, e se anche cresce l’occupazione la stessa è debole e precaria, che poi è la causa che ha spinto negli ultimi 15 anni oltre 900mila under 34 a lasciare le regioni del Mezzogiorno”.

 

“La Puglia registra una crescita del Pil dovuta all’uso dei fondi strutturali e ai settori dell’industria e delle costruzioni, ci dice ancora lo Svimez, ma con l’avvertenza che senza politiche mirate si rischia di frenare gli effetti positivi. C’è crescita ma è minima e non è sufficiente ad affrontare le tante emergenze che vivono i nostri territori. Se queste è lo stato delle cose – chiede ilo segretario generale della Cgil pugliese - che senso ha chiudersi dentro angusti regionalismi? Non ci sembra che le Regioni che al Sud hanno goduto di autonomia abbiano affrontato e risolto i loro problemi di ritardo economico e sociale. Penso anzi rispetto alla vicenda Ilva e a come chiama in causa le politiche industriali nazionali e anche europee; o alla vicenda Tap e alle politiche energetiche di questo Paese, o ancora alla Sanità e alle politiche di solidarietà necessarie e rivedere le risorse del fondo nazionale, più che chiudersi in logiche territoriali va sostenuta una forte azione di dialogo e anche vertenziale con il Governo centrale. Anche perché molte azioni discendono da politiche elaborate in sede comunitaria. L’Europa deve essere allora il nostro orizzonte, anche per modificare scelte che riteniamo ingiuste e penalizzanti per le aree del Mezzogiorno”.

 

La CGIL ha scelto di porre questa parte del Paese al centro della propria strategia – ricorda Pino Gesmundo - formulando una proposta complessiva che si regge sull’aumento dell’investimento pubblico verso le regioni del Sud dal 34,5% al 45% del capitale statale, sulla creazione di un’Agenzia per lo sviluppo, su un miglioramento della mobilità e delle infrastrutture e su un piano straordinario per la messa in sicurezza per il territorio”.

 

Non basta allora, come fa Emiliano, “spiegare che le ragioni alla base della richiesta della Puglia sono legate a una invocata autonomia di scelta in merito a processi decisionali calati dall’alto e che impattano il territorio, avanzando anche proponimenti circa processi partecipativi dal basso. Quella di rapportarsi fattivamente con gli attori sociali e i territori per scelte e decisioni importanti è pratica che andrebbe perseguita anche senza autonomia, sempre, come abbiamo chiesto per le politiche per la salute, in materia di bilancio o per altri provvedimenti della Regione Puglia”.

 

“Crediamo – conclude Gesmundo - ci sia un problema legato all’uso migliore dei fondi strutturali a disposizione della Regione Puglia, da spendere meglio e più velocemente. Crediamo serva vero dialogo sociale, che incida sui percorsi decisionali e non si riduca a mero rito formale. C’è un problema di qualità della nostra classe dirigente a ogni livello. Invece che accodarsi alla vulgata autonomista chiediamo a Emiliano di percorrere fattivamente la strada della collaborazione e della condivisione delle scelte, cosa che ultimamente non sempre è avvenuta”.


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