Ancora un morto a Borgo Mezzanone, Cgil e Flai: soluzioni per degna accoglienza
Nota congiunta dei segretari generali della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, e della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi: Istituzioni tardano a intervenire e intanto caporali e imprese lucrano su braccia e vite delle persone
15-06-2020 08:19:57
“L’ennesima tragedia a Borgo Mezzanone, l’ennesima vita di un lavoratore straniero persa nel rogo della propria baracca dopo che un simile evento si era verificato poco più di un mese fa, sono la fotografia di come il mercato delle braccia servente all’agricoltura prosegua prescindendo dall’impegno quotidiano delle associazioni, dei sindacati, da norme che dovrebbero spingere alla regolarizzazione e all’emersione. L’esistenza stessa del ghetto certifica il ruolo e il peso che ancora esercitano i caporali. È la ragione per cui abbiamo sempre denunciato come il fenomeno può essere vinto solo se aggredito complessivamente, intervento sull’intermediazione di manodopera, sull’accoglienza, sul servizio di trasporto”. È quanto affermano in una nota congiunta i segretari generali di Cgil Puglia, Pino Gesmundo, e Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi, a seguito del rogo in cui ha perso la vita un ragazzo questa mattina nella baraccopoli che sorge a dieci chilometri da Foggia. “A chi in modo propagandistico e semplicistico invoca sgomberi, ricordiamo come Borgo Mezzanone o altri ghetti sono la dimostrazione che quella massa di lavoratori immigrati senza alloggio impiega pochissimi giorni a far sorgere altrove insediamenti simili. È evidente come sono insostenibili quelle condizioni, ma le istituzioni tutte – dal Governo alla Regione fino agli enti locali – da troppo tempo promettono soluzioni alternative. Siamo a ridosso dell’ennesima grande stagione di raccolta e le soluzioni messe in campo è evidente come sono insufficienti per dare risposte a tutti i lavoratori”.
Ma occorre non prendersi in giro, rilanciano Gesmundo e Gagliardi: “Chi conosce le dinamiche dei ghetti sa bene che se anche fossero attrezzate strutture per l’accoglienza, senza predisporre un servizio trasparente e possibilmente pubblico di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, varrebbe ancora il ricatto dei caporali. Chi cerca lavoro deve vivere nei ghetti per le economie che lì sviluppano, pagando il posto in baracca piuttosto che l’energia elettrica o consumando ai market e ai bar che lì sorgono. Stesso discorso senza un servizio di trasporto regolare. In questo senso va segnalato come ai tavoli della Rete del lavoro agricolo di qualità, istituiti – unica regione in Italia – in tutte le province della Puglia, non si è mai riusciti a fare passi in avanti per la melina delle associazioni datoriali, che dovrebbero segnalare esigenze e aziende per costruire una rete di trasporto mirata”. Datori di lavoro “che sono quelli che determinano queste condizioni di sfruttamento e di rischio per i lavoratori, perché nonostante gli strumenti che la normativa oggi offre continuano a ricorrere ai caporali, a sottopagare i braccianti, a non applicare i contratti, a farsi carico di vitto e alloggio come prevede la legge”. In tal senso per la Cgil e la Flai di Puglia “emergono alcuni dei limiti già segnalati della norma voluta dalla Ministra Bellanova per l’emersione e la regolarizzazione dei rapporti. Aver fissato il limite a ottobre 2019 quale scadenza del permesso di soggiorno - nonostante i disastri prodotti dai decreti sicurezza di Salvini - e a luglio per la regolarizzazione, non contemplando le esigenze legate alla vendemmia, così come i costi da sostenere che disincentivano in primis i datori di lavoro e ancora il non aver esteso ad altri settori la possibilità di regolarizzazione, sono alcuni degli aspetti che speriamo possano essere corretti con emendamenti nella discussione in aula del decreto”.
Come Cgil e Flai “continueremo a stare sui territori, a fare sindacato di strada, a tutelare e assistere tutti i lavoratori, stranieri e italiani vittime del caporalato, ad affiancarli in caso di denunce e a promuoverle direttamente, come successo a Foggia, come accaduto a Taranto, dove dalle nostre segnalazioni si è arrivati ieri a una condanna del Tribunale a 8 anni di carcere per un caporale che sfruttava braccianti rumeni. Alle istituzioni, in primis alle prefetture, chiediamo di convocare con urgenza i tavoli della Rete di qualità, al fine di organizzare al meglio i servizi per l’imminente stagione di grandi raccolte, sperando in un comportamento collaborativo da parte delle imprese. Ogni sforzo deve essere orientato a migliorare le condizioni di lavoro e di vita di queste persone che contribuiscono a fare dell’agricoltura pugliese uno dei settori fondamentali per la nostra regione, fuori da dinamiche irregolari e che alimentano economie illegali”.