Autonomia differenziata dannosa per Paese. Usare Pnrr per coesione territoriale e sociale

Il convegno organizzato a Brindisi dalla Cgil Puglia e dalla Camera del Lavoro con la presenza della vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi

15-11-2022 13:54:46

“Il nostro Paese negli ultimi venti anni per effetto di politiche italiane ed europee, penso all’austerity, al taglio dei trasferimenti, alla mancanza di visioni, presenta un quadro di grande criticità, dove sono aumentate le disuguaglianze sociali, economiche e produttive. In particolare nel Mezzogiorno ma non solo, anche tante aree interne del Centro Nord. In questo contesto si è innestata la pandemia ed ora la crisi energetica con il timore di una recessione economica. Discutere allora oggi di autonomia differenziata e non di salari, non di precariato, non di welfare, reiterare il tema dell’autonomia, è non solo sbagliato ma dannoso per il Paese”. è l’allarme lanciato dalla vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, nel corso dell’incontro “Equità territoriale: dal Pnrr all’autonomia differenziata. Un Paese diseguale” organizzato a Brindisi da Camera del Lavoro e Cgil Puglia. Una discussione che avviene il giorno successivo alla presentazione della bozza Calderoli sull’autonomia differenziata.

 

“Il ministro Calderoli ha detto di voler venire in Puglia. Sarà il benvenuto: dovrà spiegare alle cittadine e i cittadini pugliesi perché devono continuare ad avere meno servizi degli altri cittadini italiani” ha esordito la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone. “Perché questo accadrà – ha proseguito - se dovesse essere mantenuto il criterio della spesa storica, se prima di pensare a differenziare non ci si impegnerà a rendere veramente unita l’Italia e tutti i cittadini sul piano dei diritti. I pugliesi non hanno meno diritti di altri di altre regioni che, invece, a parità di popolazione, ricevono più trasferimenti da parte dello Stato: sulla spesa sanitaria per esempio. E questo vuol dire meno servizi, meno medici, meno personale sanitario, vuol dire obbligare i cittadini del sud ad andare al nord per potersi curare. Vogliamo davvero rafforzare queste disuguaglianze?”. Ringrazia le forze sociali, la Cgil, Capone, “perché questa è una battaglia di tutti: del popolo, dei Consigli regionali, del Parlamento. Non può essere il Consiglio dei Ministri a decidere da solo le sorti dell’intero Paese. Non resteremo a guardare”.

 

Il segretario generale della Camera del Lavoro di Brindisi, Antonio Macchia, ha segnalato il rischio tsunami demografico per il Sud: “Anche a Brindisi dal 2015 al 2019 sono andate via oltre diecimila persone, per lo più giovani. Per questo chiediamo di investire bene e velocemente le risorse del Pnrr, sulle quali andrebbe fatta anche un’operazione verità”. Per Macchia le risorse destinate al Sud avrebbero dovuto essere il 67% non il 40%, che rimane una enunciazione di principio, senza alcun vincolo. E se non si spenderanno ci sarà compensazione? C’è bisogno di una governance, soprattutto per quegli enti che non riescono a fare progetti, perché senza organici adeguati. Perché anche sul piano delle dotazioni di personale il Sud ha pagato un prezzo maggiore”. Quanto a Brindisi e al capitolo, importante, della transizione energetica, “c’è da gestire il processo di decarbonizzazione che interessa la seconda più grande centrale termoelettrica in Italia che tra diretti e indotto interessa oltre 1300 lavoratori. Bene gli investimenti sulle rinnovabili, ma produciamo anche qui i pannelli fotovoltaici, ad esempio, creiamo filiere occupazionali altrimenti pagheremo in termini sociali dopo aver pagato quelli ambientali. Così come vorremmo il porto di Brindisi nella rete Ten-T per rilanciare l’infrastruttura e renderla polifunzionale”.

 

L’economista e docente Gianfranco Viesti, in prima linea nella battaglia contro l’autonomia differenziata da lui definita “secessione dei ricchi” ha sottolineato come “Il tema è di come è organizzato lo Stato in Italia, quel che fa il centro, quel che fanno gli enti periferici. E da quel che fanno dipende il nostro sistema economico, il welfare, i diritti e i servizi che arrivano ai cittadini. E il tema è come ripartire le responsabilità tra centro e regioni. Non c’è una soluzione magica, portare tutto al centro non va bene perché servono soluzioni differenti per realtà differenti. Ma portare tutto in periferia si rischia che ognuno va per conto proprio, si indebolisce la responsabilità centrale delle politiche economiche che ha responsabilità di redistribuzione”. Tema politico non solo tema tecnico: “Serve una discussione generale e seria nell’interesse del Paese. La mia posizione non è estrema, non penso sia necessario riportare tutto a Roma, ma penso anche che non bisogna eccedere con trasferimenti a Regioni, magari rafforzare i Comuni. Soprattutto guardare all’aspetto finanziario perché le possibilità che hanno Regioni e Comuni in Italia sono molti differenti, per far fronte alle necessità dei cittadini. Obiettivo autonomia deve avere come obiettivo il benessere di tutti, ci si aspetterebbe allora una discussione importante, un cantiere aperto venti anni fa con riforma Costituzione che è ancora in corso e ci sono cose da correggere. Sarebbe un bel tema, ma l’attività politica si concentra molto su altro, cioè autonomia differenziata. La logica per cui se sei più ricco hai diritti a più servizi non è nello spirito della Costituzione”.

 

Mobilità e infrastrutture di trasporto al centro sia dei processi di regionalizzazione così come nella bozza di legge sull’autonomia, con gli aeroporti esclusi però dai finanziamenti del Pnrr perché ritenuti inquinanti. Su questo si è concentrato l’intervento di Antonio Vasile, Presidente di Aeroporti di Puglia: “All’interno di un mercato fortemente competitivo e frammentato, siamo al top in Italia e non solo su sostenibilità ambientale delle nostre strutture. Nel piano strategico di AdP oltre a garantire ovviamente mobilità ai cittadini, stiamo investendo e lo faremo nei prossimi dieci anni su protezione civile, cargo, siamo stati i primi a ricevere uno status di Sieg per riattivare l’aeroporto di Foggia, con l’operatività finanziata dal Programma Quadro Trasporti. Insomma, noi facciamo il nostro, per sostenere diritto alla mobilità cittadini ma assieme le imprese, il turismo, insomma l’economia di tutta la regione. Mantenendo un equilibrio economico finanziario, dimostrando che una società pubblica può agire come e meglio di un privato. Poi la grande delusione del Pnrr. Ma le progettazioni non si sono fermate, siamo a caccia di qualsiasi finanziamento, dentro questa visione strategica. Solo le regioni e i territori possono dare una dimensione industriale alle infrastrutture aeroportuali, ma questo già accade, anche senza autonomia”.

 

Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, ha segnalato come “questa discussione è sicuramente attuale, anche se ci sono tante priorità di ordine sociale ed economico nel Paese. Un tema che per il Governo è diventato però derimente e urgente. Vogliamo contaminare il Paese delle ragioni per cui il Sud davvero è una risorsa per il Paese, e allora questa battaglia contro l’autonomia differenziata è necessaria, e se all’inizio la portavamo avanti in pochi, spesso anche con posizioni istituzionali differenti, oggi è importante che lo facciamo insieme alla Regione Puglia. Dobbiamo promuovere questa discussione nei territori, farla vivere dal basso, creare conoscenza, attenzione, consenso e trasferire tutto questo alla rappresentanza politica. È assurdo che oggi ci ritroviamo a discutere di Pnrr che va nell’indirizzo di sanare divari, e di contro discutere di un progetto di riforma che alimenti egoismi territoriali e su quello costruire consenso politico. Dobbiamo fare allora le due cose: attenzionare la messa a terra di quelle risorse del Piano nazionale, vedere come si trasformino in progetti e poi in azioni che vadano nel migliorare la qualità della vita delle persone, per creare sviluppo e buona occupazione. Stiamo provando anche ad arginare visioni distorte, che non sono legate a vocazioni e bisogni, integrando le risorse del Por, evitando che siano i grandi player privati a determinare le scelte. Però mentre affermiamo centralità del Mezzogiorno, dobbiamo contrastare quelle politiche miopi fine a se stesse, che pagherà tutto il Paese non solo il Sud. Noi continueremo su questa strada, con la Regione Puglia vogliamo costruire gli Stati generale delle regioni del Sud, vanno coinvolte le autonomie locali, i Comuni, e assieme sanare le disomogeneità che si sono prodotte negli anni, penso alla sanità su tutte. Costruire una visione di Paese più unito ma anche più giusto”.

 

“Come Svimez siamo impegnati nel contrastare un disegno di autonomia che renderebbe il Paese più diseguale ma anche più debole”, ha esordito Luca Bianchi, direttore generale dell’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno. L’autonomia per Bianchi è “Profondamente anacronistica, fuori da ogni riflessione storica ed economica, con proposte che vennero fuori all’inizio degli anni 2000, con un Nord che non voleva partecipare alle politiche di rifinanziamento nazionale, basata sulla contrapposizione territoriale. Un paese diseguale è un paese che cresce poco e la storia dell’Italia degli ultimi anni ci dice questo. Allora è una risposta sbagliata quella dell’autonomia”. Giusto mettere assieme tema Pnrr e autonomia per il direttore della Svimez, “Perché dobbiamo ragionare degli investimenti straordinari ma anche dei trasferimenti dello Stato per far funzionare i servizi. Ma occorre partire da che idea di Paese abbiamo, dentro questo contesto storico: il rischio che come Svimez manifestiamo va oltre la tecnicalità dei singoli strumenti. Il tema è se siamo coerenti con la nuova definizione di Europa post pandemia, un elemento di discontinuità, con politiche profondamente diverse da quelle messe in campo dopo la crisi del 2008. In questa fase prevalgono idee espansive, di coesione. Questo è allora vero tema alla quale inchiodare la politica”. E sempre sul Pnrr, se è vero che è una straordinaria occasione per ridurre divari e disuguaglianze, “ma ci sono ancora dei limiti di impostazione che andrebbero sanati. Non si può non intervenire su alcuni elementi attuativi: il meccanismo dei bandi competitivi tra amministrazione quando attiene a infrastrutture sociali o a erogazione di diritti di cittadinanza, non può essere la logica di divisione delle risorse. Andava fatta analisi dei fabbisogni di intervento. Quanto al 40%, non solo in alcuni ministeri non è rispettato, ad esempio al Mise, perché le risorse sostanzialmente si aiutano le imprese che già esistono, e quindi ripropone la geografia ex ante” piuttosto che sostenere crescita sistema produttivo del Sud.

 

Nelle conclusioni del dibattito la vice segretaria generale della Cgil, Fracassi, è intervenuta sulle direttrici di intervento individuate all’interno del Pnrr. “Per poter mettere in campo 200 e oltre miliardi in quattro anni abbiamo bisogno di recuperare un’idea e una capacità di programmazione nei territori. Purtroppo non ce l’abbiamo perché non abbiamo fatto fronte al rafforzamento amministrativo in anni di blocco del turn over e di riduzione degli organici. C’è il tema risorse poi: si parla sempre di asili nido ma molti comuni non ha presentato bandi perché subito dopo si aprirebbe problema che non hanno risorse per sostenere la spesa del personale”. Quanto ai progetti, “non può essere una gara ai bandi, su alcune missioni andava seguita la bussola del fabbisogno. Sarebbe stata una scelta di buonsenso e allora si che avremmo pensato al Mezzogiorno, che è notevolmente più indietro. Sono state fatte scelte competitive e non politiche”. Terza questione posta da Fracassi è stata quella relativa alla coerenza e complementarietà delle politiche: “Non basta dire che abbiamo 200 miliardi, dobbiamo fare in modo che anche le altre risorse che ci sono vanno nella direzione dell’innovazione, dell’ambientalizzazione. Significa rapportarsi con gli enti locali, significa mettere in campo da parte dello Stato risorse proprie, e anche quelli privati che insistono su quelle direttrici. Serviva allora una visione del Paese, e che si fa, invece di ricostruire competenze e unitarietà d’azione, si intende frammentare ancor di più con l’autonomia differenziata”. Si va nella strada opposta della concentrazione delle risorse per rafforzare obiettivi e progetti, “per questo come Cgil siamo in campo per difendere il dettato costituzionale, che parla di paese unito, di solidarietà tra chi ha di più e chi ha di meno, di uguaglianza di diritti sociali e civili. Non è la priorità, è anzi dannosa per il Paes


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