Dalle lotte per lo Statuto alle tutele per il lavoro che cambia nel seminario della Fondazione Maierotti
05-11-2021 11:31:17
Nel 2020 si sono celebrati i 50 anni dello Statuto dei Lavoratori, una conquista che fu sostenuta da un lungo ciclo di lotte che ebbero protagonista importante anche il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici di Puglia. A distanza di mezzo secolo, in un mercato del lavoro radicalmente modificatosi nel tempo, la Cgil ha proposto un nuovo statuto, a tutela delle forme nuove e atipiche di lavoro, con diritti fondamentali in capo alle persone a prescindere dalle forme contrattuali. Parte da queste premesse il seminario tenutosi questa mattina presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari su iniziativa della Fondazione Rita Maierotti - promossa da Cgil Puglia con le sei Camere del Lavoro provinciali - dal titolo “Le lotte operaie per le tutele e la libertà sindacale: dallo Statuto dei lavoratori alla Carta dei diritti”. L’evento si inserisce nel lavoro di ricerca della Fondazione sul ruolo del movimento sindacale pugliese nel contesto storico del cosiddetto autunno caldo e sul contributo che il sindacato e le forze politiche vicine al movimento operaio hanno fornito ai processi di riforma legislativa che nel 1970 hanno reso dignitoso il lavoro in Italia.
A portare il saluto dell’Università barese il Direttore del Dipartimenzo di Giurisprudenza, Roberto Voza. “Siamo lieti di ospitare questa iniziativa, che parla di passato ma anche di strettissima attualità. Raccogliere le sfide di un mondo del lavoro e dell’impresa molto cambiato è compito fondamentale. Pensavo allora alla pugliesità dello Statuto e di un pezzo di Diritto del lavoro italiano, perchè pugliese era Di Vittorio, che già nel 1952 avanzò l’idea di uno Statuto. Pugliese era Moro quando da presidente del Consiglio propose per la prima volta la discussione sullo Statuto, e pugliese era il ministro del Lavorao, Delle Fave. Ancora, pugliese era Tamburrano che propose il nome di Giugni per presiedere la Commissione, e a suo modo pugliese era Gino Giugni, perché all’epoca aveva una cattedra in questo ateneo. Il compito di noi studiosi e docenti, un compito appreso in queste aule nella scuola fondata proprio da Giugni, si nutre del confronto costante con la realtà e con gli attori sociali. Noi vogliamo essere continuatori di questo metodo e quindi ben vengano iniziative come questa”.
Ha portato il suo saluto anche Loredana Capone, Presidente del Consiglio regionale della Puglia - che sostiene il progetto di ricerca -, videocollegata per impegni istituzionali. “Abbiamo avviato un confronto anche a livello regionale per affrontare un tema fondamentale come quello della sicurezza, che non è slegato da come si è modificato, frammentato, precarizzato il mondo del lavoro. Per questo siamo con chi è impegnato per dare prospettive più dignitose di occupazione in questa regione. Vi deve essere un cambio culturale che guardi alla crescita collettiva dei nostri territori, delle nostre imprese, delle singole professionalità. È un tema che riguarda privato e pubblico, con attenzione verso giovani e discriminazioni di genere. Per noi legislatori da voi arriva il contributo per fare bene e di questo vi ringrazio”
LE RELAZIONI INTRODUTTIVE: LE RISPOSTE A UN MONDO DEL LAVORO CHE CAMBIA
La prima relazione introduttiva è stata curata dalla vice presidente della Fondazione Maierotti, Francesca Abbrescia, che ha ricordato come gli anni in cui si inizia a discutere della necessità “di portare la Costituzione nei luoghi di lavoro, cioè rendere esigibili quei principi sanciti nella Carta, sono anni di divisione tra le grandi sigle sindacali, c’è una feroce repressione nelle fabbriche nei confronti dei delegati. Ma sono anche anni in cui cresce il protagonismo dei Consigli di fabbrica che culminano con le lotte del 68. Di un movimento giovanile e studentesco che pone il tema di un sapere critico e di maggiore democrazia, così come nel 1969 del movimento dei lavoratori che allarga l’orizzonte delle rivendicazioni alle scelte di politica industriale ed economica. Lo Statuto arriva all’apice di una felice combinazione tra cultura giuridica e movimenti di massa. Ne è il suo frutto. Oggi abbiamo bisogno di aggiornare quello Statuto, per estendere tutele universali a un mondo del lavoro molto cambiato. Un lavoro sicuro, con un salario dignitoso. Ancora una volta la necessità di affermare quei principi costituzionali in un mercato del lavoro molto diverso rispetto a 50 anni fa”.
Sta collaborando al progetto della Fondazione il professor Vito Sandro Leccese, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Bari, che nella sua relazione è partito dalla proposta della Cgil di Carta dei diritti universali, “che pone attenzione ai nuovi lavori e alla nuova precarietà oltre che alle regole della rappresentanza sindacale. Sostenibilità sociale, economica e transizione ambientale delle imprese, il tema dei salari per contrastare la povertà salariale, la gestione delle nuove tecnologie digitali, il tema della sicurezza: sono alcune delle questioni che devono essere al centro del confronto della nuova fonte contrattuale e in capo ai soggetti della rappresentanza. Ma questo processo rischia di fallire a fronte della molteplicità di contratti e di agenti contrattuali. Su questo serve un’intervento del legislatore”.
LA TESTIMONIANZA DEL RIDER
E rispetto al tema dei nuovi lavori, all’impegno per i diritti e contro la precarietà, ha portato la sua testimonianza Antonio Colella, per anni rider senza tutele e oggi RSA della Fiat Cgil di Bari. “Il 2017, quando ho iniziato, per il nostro settore è come parlare di un secolo fa. Non avevamo alcun diritto e forse pochi di noi ragazzi pensavano che quello sarebbe diventato un lavoro vero e proprio. Oggi io come altri siamo subordinati, siamo spedizionieri, anche se utilizziamo i nostri mezzi quindi quasi compartecipiamo al rischio d’impresa. Esposti al variare del clima, operiamo in qualunque condizione: pensate al nostro lavoro nei giorni dell’alluvione di Catania. La sicurezza deve essere messa al primo posto anche nel nostro settore ma abbiamo a che fare con aziende che si nascondono dietro algoritmi, quasi non abbiamo modo di comunicare direttamente. Ma la direzione sia in termini giurisprudenziali che di lotta sindacale è intrapresa e noi non ci tiriamo indietro”.
LA TAVOLA ROTONDA SU DIRITTI E SVILUPPO
Ad aprire la tavola rotonda moderata da Elisa Mariano della Fondazione Maierotti, sul tema “Diritti e tutele generano sviluppo”, il professor Vincenzo Bavaro, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Bari. “Non vogliamo fare agiografia storica, perché alcune condizioni del lavoro di cinquant’anni fa ci sono tuttora. Non riguardano magari le punte professionalità avanzate, ma esistono, come ci ha ricordato il delegato dei rider. Ma c’è di più: oggi siamo di fronte a questo processo di digitalizzazione e innovazione tecnologica e dobbiamo interrogarci sui costi per il mondo del lavoro. Il movimento sindacale si è posto il tema di come governare l’innovazione, che non è mai neutra. Sindacato deve avere voce dentro tutto l’assetto produttivo: pensiamo alle grandi vertenze di questi mesi, Whirpool o Gkn. La questione con cui ci andiamo a scontrare non è come contrastare le decisioni assunte, ma come avere peso dentro la formazione delle decisioni che si vanno a prendere. Rispetto ad anni 70 c’è tema dei rapporti di forza mutati è evidente. Ma resta un punto centrale: sindacato deve poter dire la sua su cosa si produce, su come si produce. Va posto sempre con più forza, alle imprese prima di tutto: o si restituisce rischio d’impresa all’impresa, e ai lavoratori i diritti, o se va condiviso rischio questo attiene a nuove relazioni industriali”.
Per Michele Capriati, Docente di Politica Economica all’Università di Bari, “lo sviluppo va misurato sull’ampliamento dei diritti e non solo sulla quantità di lavoro o crescita del Pil, quindi mi piace il titolo scelto. Sviluppo come ampliamento delle libertà degli individui”. Perché, come già si interrogavano gli economisti negli anni 60, “che ce ne facciamo di pochi che stanno sempre meglio e la larga massa di chi lavora sempre peggio? Oggi vediamo come crescono multinazionali sempre più ricche, che hanno bisogno di sempre meno lavoro grazie allo sviluppo tecnologico, con salari sempre più depressi. La tendenza è questa, un processo globale, pesante di impoverimento dei lavoratori ma anche degli Stati, che non entrano in questi circuiti. Non a caso i grandi si interrogano sulle tassazioni per segnare un riequilibrio delle risorse”. Capriati richiama un’azione dei Governi, “ma leggo di riforme del fisco che concedono vantaggi ai redditi più alti. Insomma andiamo su una strada opposta”. Le proposte? “Maggior ruolo dello Stato nell’economia per procurarsi dividendi sociali. Quanto al sindacato, come diceva Bavaro, rivendicare di stare stare nei luoghi in cui si determinano le decisioni. Lavoratori hanno un ruolo centrale nello sviluppo dell’impresa, perché non nella definizione delle strategie?”.
A portare il punto di vista delle imprese Riccardo Figliolia, Segretario generale di Confimi Industria Puglia: “Voglio sottolineare un aspetto: quel modello conquistato negli anni 70 era costruito sulla grande industria, ma 95 per cento della forza produttiva del Paese è fatta di centinaia di migliaia di piccole realtà organizzative. La scommessa allora se vogliamo crescere come Paese, come occupazione, è investire su queste realtà. Non le multinazionali che vengono a depredare i territori. Noi vogliamo far crescere una forza imprenditoriale locale, aperta al dialogo con la rappresentanza sindacale. Ma le esigenze e i bisogni delle piccole realtà partono proprio dalle capacità dei dipendenti che determinano l’affermazione di questo sistema d’imprese. Sono considerati collaboratori più che sottoposti, diciamo così. Noi più di tutti abbiamo bisogno di una logica di sistema, allora insieme dobbiamo difendere spazi normativi, tecnologici, di valore che queste piccole aziende rappresentano”.
Chi è partito dai Consigli di fabbrica nella natia Torino e oggi si occupa di somministrati e precari è Davide Franceschin, Segretario nazionale del Nidil Cgil. “Se ripenso a come era fatta l’azienda in cui lavoravo, oggi l’esperienza del Consiglio di fabbrica sarebbe impensabile. All’epoca tutti i lavoratori di quel sito avevano un unico contratto, e dalle mense alla guardiania, dalla produzione al packaging, erano tutti interni. Oggi se guardo a quella fabbrica il ciclo produttivo è stato scomposto, esternalizzato, oggi rappresenterei una minima parte dei lavoratori dovessi costruire un Consiglio di fabbrica. Allora tocca riunificare quel lavoro, ma sapendo che la scomposizione è avvenuta sulla filiera, sulla catena del valore, non solo dal punto di vista contrattuale”. Così oggi tra i lavoratori c’è competizione, divisi e messi contro. Una frantumazione del mondo del lavoro “plasticamente rappresentata dalla nostra categoria. Poi c’è da dire che la precarietà non è sempre di basso profilo professionale, perché, che la disoccupazione è diversa tra territorio e territorio. Dobbiamo provare ad essere cerniera affinché questo pezzo di mondo del lavoro sia tutto e sempre sotto la tutela dello Statuto, che tu sia somministrato, intermittente, in apprendistato”.
Le conclusioni del seminario sono state affidate a Filomena Principale, Segretaria confederale della Cgil Puglia. “Tutela dell’individuo, salvaguardia dei beni comuni, valore sociale del lavoro, ruolo dello Stato nell’economia. La pandemia ci ha messo di fronte ad alcune priorità dentro un mondo che stava cambiando. La crisi ci ha offerto opportunità, ma la ripresa deve avere come punto di riferimento tutto questo, a partire dal lavoro. Guardando in prospettiva e non solo all’immediato, evitando razzie di soldi pubblici. Un lavoro diverso, meglio tutelato, sicuro, ben pagato. Il lavoro forse continuerà a diversificarsi e allora occorre di disporre sempre di una base di diritti universale. E servirà un sindacato rappresentativo delle differenti condizioni. Cambiamo abito ma non funzione, di sindacato generale, perché i lavoratori avranno sempre bisogno di voce. E soltanto con il loro protagonismo potremo costruire un futuro capace di coniugare progresso con giustizia sociale, rispetto dell’ambiente, riconoscimento di diritti sociali e civili”.