Dieci anni dalla morte di Paola Clemente: "Nel suo nome lotta ai caporali ma c'è tanto da fare"

L’intervista di Repubblica Bari a Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Puglia, per ricordare la bracciante di San Giorgio Ionico morta di fatica nelle campagne di Andria. “Ancora oggi il lavoro viene considerato come merce, sempre più povero, sempre più precario, con le persone ridotte a numeri”

14-07-2025 10:12:06

Sono trascorsi dieci anni dalla morte di Paola Clemente, l’operaia agricola morta di fatica e sfruttamento nelle campagne di Andria. Una vicenda che sarebbe passata come “morte naturale” senza le denunce dei famigliari, sostenute dalla Flai e dalla Cgil e rilanciate in primis da Repubblica, che scoperchiarono un sistema di caporalato 2.0, che ricorreva ad agenzie interinali e spostava le braccianti su moderni bus. Non cambiavano le regole di ingaggio: nessuna applicazione contrattuale, paga a cottimo, nessuna prevenzione a tutela della salute delle braccianti. Paola lavorava per 2 euro l’ora.

Alessandro Leogrande nel suo romanzo inchiesta Uomini e caporali scriveva come “nella Puglia di un secolo fa la morte di un bracciante era considerata un evento naturale, come la grandine”. Nel 1908 negli atti della commissione d’inchiesta parlamentare voluta dal Governo Giolitti per accertare le condizioni dei lavoratori della terra nelle province del meridione, si legge come la nostra regione una grande massa di salariali agricoli erano costretti a un lavoro e a una vita indegna. Scrive Enrico Presutti, incaricato di redigere il rapporto che “vi è in fondo nei proprietari la convinzione che i contadini non sono uomini come loro”.

Gigia Bucci, segretaria generale Cgil Puglia, siamo ancora a quel punto?

"A seguito della morte della bracciante 49enne di San Giorgio Ionico, la battaglia lanciata dal sindacato e le proposte per una legislazione che perseguisse con più forza lo sfruttamento del lavoro, fu accolta dalla politica con l’approvazione di una legge contro caporalato e lavoro nero, la 199 del 2016, moralmente intitolata a Paola Clemente. Una legge importante, lo affermano i magistrati, per colpire il sistema del caporalato e gli imprenditori che vi fanno ricorso, con l’introduzione di nuovi reati penali e il sequestro dei beni patrimoniali e delle aziende, prevedendo la tutela e regolarizzazione dei lavoratori. Una norma da sempre avversata da gran parte del mondo agricolo sostenuto dalle forze politiche della destra”.

Ma bastano le leggi per arginare i fenomeni di sfruttamento?

“A dieci anni dalla morte di Paola Clemente abbiamo uno Stato, che in violazione del suo articolo 1 della Costituzione, prosegue nella svalorizzazione del lavoro e delle persone che vivono di lavoro. A norme giuste si contrappongono norme sociali e culturali per cui un imprenditore, dinanzi a un proprio operaio ferito gravemente, invece di chiamare i soccorsi ritiene normale abbandonarlo davanti casa per evitare che si scopra la sua assunzione in nero. La tragica morte del bracciante indiano Satnam Singh è di un anno fa. E a questa si sommano i casi di morte sul lavoro in ogni settore, per la manomissione dei sistemi di sicurezza di macchine per la produzione, o la mancata prevenzione così come il rispetto delle norme sul lavoro nelle giornate segnate da picchi di calore”.

Ora la parola d’ordine è solo competitività.

“La verità è che dalla deregolamentazione del mercato del lavoro, costruita sull’idea assurda che per accrescere la competitività del nostro sistema produttivo era necessario comprimere diritti e tutele, si è proceduto su questa strada di lavoro come merce, sempre più povero, sempre più precario, con le persone ridotte a numeri. E avvalora quelle norme sociali per cui una morte sul lavoro quasi diventa “evento naturale”. Altro che lavoro come strumento per una vita dignitosa, come recita la Carta. Un disegno portato avanti da governi di ogni colore, che vede oggi con le destre al potere un peggioramento: il rifiuto a discutere di salario minimo, di rinnovi contrattuali al minimo dei settori pubblici, dell’estensione dei rapporti a termine, con l’ideologica avversione ai referendum sul lavoro proposti dalla Cgil, che puntavano proprio a ridurre il precariato e aumentare la sicurezza nei subappalti”.

Ma alla fine in 10 anni non si è fatto poi molto.

“Noi siamo in campo per affermare un’altra idea di società e di lavoro, dignitoso e sicuro. Ma fa enorme tristezza che nessun esponente delle istituzioni abbia raccolto il grido di dolore e la denuncia lanciata su queste pagine dal marito di Paola Clemente. Paola che non ha avuto giustizia nelle aule di tribunale, Paola che non ha avuto il riconoscimento dell’infortunio dall’Inail. A Stefano Arcuri va l’abbraccio e il sostegno della Cgil pugliese, ma umilmente ci appelliamo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dalla riconosciuta e straordinaria sensibilità per il mondo del lavoro: caro presidente, un Paese civile come l’Italia non può permettersi che si possa dire – come ha dolorosamente affermato Stefano Arcuri – che Paola, così come Satnam o tanti altri lavoratori vittime di un sistema criminale di sfruttamento e sottomissione, sono morti invano. Perché la battaglia per un lavoro dignitoso e sicuro è la lotta per un Paese più civile, democratico e che crede in uno sviluppo basato sulla dignità delle persone”.

 

LINK: https://bari.repubblica.it/cronaca/2025/07/12/news/dieci_anni_fa_la_tragedia_paola_clemente_nel_suo_nome_lotta_caporali_tanto_da_fare-424727761/


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