Fermo pesca: gravi danni a settore già  in difficoltà , colpiti 1800 addetti

Nel 2021 sempre meno giornate di lavoro. Flai Cgil Puglia: danno per redditi già erosi dalla crisi e dalla pandemia. Si pensi a veri ammortizzatori sociali per questa categoria di lavoratori

26-02-2021 10:11:32

 

Come una tegola sui già precari redditi dei pescatori è arrivato lo scorso 11 gennaio a il Decreto Direttoriale n. 8941 che ha aumentato per il 2021 il numero delle giornate di interruzione temporanea obbligatoria non continuativa e che interessa tutto il territorio nazionale. Naturalmente l’emergenza sanitaria in atto contribuisce al peggioramento della situazione per un comparto che conta su una flotta di 1200 pescherecci, 600 impegnati in pesca a strascico o volante e con circa 1800 addetti. Con una perdita di giornate lavorative stimata che oscilla dalle 38mila alle 72mila a seconda della stazza delle imbarcazioni e del numero di lavoratori impiegati.

È l’allarme lanciato dalla Flai Cgil Puglia, seriamente preoccupata per quelle che potranno essere le conseguenze per il settore nell’immediato futuro, che non condivide tale impostazione e chiede a gran voce la revoca delle pesanti disposizioni in quanto sostanzialmente impraticabili per la sopravvivenza dell’intero comparto e che minano alla base la certezza occupazionale.

“Se questa norma non viene rivista – spiega Maria Viniero, segretaria regionale Flai Cgil Puglia con delega al settore della pesca - il tutto si tradurrà in rischio concreto per la tenuta del settore, già fortemente provato da una serie di problemi rinvenienti dai pregressi provvedimenti e da una pletora di adempimenti burocratici che finiscono per incidere negativamente sulla gestione delle stesse attività, con l’aumento dei costi gestionali e di esercizio”.

“Per l’ennesima volta si chiedono sacrifici solo ed esclusivamente ai lavoratori della pesca - denuncia Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai- Cgil Puglia - per il ripopolamento della fauna ittica, senza tener conto di altri fattori che ne influiscono la riduzione, come i cambiamenti climatici, con l’aumento della temperatura di tutto il Mediterraneo, l’inquinamento da microplastiche o la pesca ricreativa, che sottrae una quota di pescato tra il 10% e il 20% ogni anno”. 

Dal sindacato della CGIL, i due dirigenti ricordano come “non si dispone, sin dal 2015, di dati scientifici e statistici circa l’eventuale beneficio dell’aumento della fauna ittica che i fermi aggiuntivi determinano, peraltro implementati di anno in anno.  Chiediamo da anni - affermano Gagliardi e Viniero - il miglioramento generale delle condizioni della categoria, con l’individuazione di un sistema di ammortizzatori sociali strutturati che sostengano il reddito dei pescatori durante i periodi di fermo, per le avverse condizioni metereologiche o per problemi tecnici del peschereccio”.

Sono tantissime le problematiche che affliggono il comparto pesca, concludono dal sindacato “che si rende necessario un tavolo tecnico con la Regione Puglia, in particolare presso l’Assessorato alle Politiche Agricole, per individuare le soluzioni a salvaguardia di un settore importante per l’economia e che, oltre a rappresentare significativi punti del PIL regionale, affonda le proprie radici nell’identità culturale della popolazione pugliese. Rispetto al quadro evidenziato, chiediamo alla politica di decidere se fare sempre più impoverire il settore, i lavoratori e le loro famiglie ovvero di mettere in campo ogni attività per la sua sopravvivenza e ripresa”.    


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