Salari poveri, in Puglia in 360mila con meno di 10mila euro lordi l'anno

La rilevazione condotta dall'Ufficio Economia della Cgil nazionale su dati Inps relativi al 2023. Bucci: drammatica precarietà e povertà lavorativa, conferma le ragioni dei cinque sì ai referendum

24-05-2025 18:48:17

“I dati sui salari in Puglia sono la ragione a fondamento della nostra battaglia per i referendum contro precarietà e lavoro povero: 360mila lavoratori dei settori privati, oltre il 40% del totale, ha un reddito annuale medio inferiore o uguale a 10mila euro. Altri 122mila non superano i 1200 euro netti al mese”.

È quanto afferma la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, nel commentare l’elaborazione condotta dall’Ufficio Economico della Cgil nazionale sui dati Inps relativi al 2023, con esclusione di lavoratori e lavoratrici dei settori agricolo e domestico. “Dalla lettura dei dati – spiega Bucci – risulta evidente come tra le principali cause dei bassi salari ci sia la discontinuità lavorativa, la precarietà contrattuale e il part time”.

In Puglia hanno rapporti a termine – intesi come a tempo determinato o stagionale – oltre 280mila lavoratori. L'analisi dei dati (vedi tabella allegata), divisi per tipologia contrattuale (indeterminato o a termine), orario di lavoro (full-time o part-time) e periodo di lavoro retribuito (anno intero o discontinuo) e condotta sui 874.784 dipendenti, vede il 17,2% (ovvero 150mila tra lavoratori e lavoratrici percepire un salario lordo annuale medio di 5.288 euro. Per altri 98mila (l’11,25%) si superano di poco i 9mila euro, mentre in 115mila (13,1% del totale dipendenti privati) si fermano a 10.410 euro.

La media complessiva del salario annuo in Puglia è di 17.630 euro lordi, seimila euro sotto la media nazionale, ovvero sotto i 1.200 euro netti al mese.

“Sono dati drammatici – commenta la segretaria generale della Cgil Puglia – che raccontano di una regione dove nei settori privati il lavoro che c’è è prevalentemente povero e precario, con salari nemmeno di sussistenza. Questo è dovuto sia alla natura dei settori economici prevalenti – e in questa statistica sono omessi i dati dell’agricoltura, altro comparto caratterizzato da forte intermittenza lavorativa – ma anche da un mercato del lavoro frammentato che sul precariato fa leva per forme di odioso ricatto che portano ad aggirare norme e diritti in capo a lavoratori e lavoratrici”.

“Alla luce di questi dati – conclude Bucci – negare che reintrodurre norme che ad esempio rinforzano le tutele sui licenziamenti e mettono un freno all’abuso dei contratti a termine non sia una necessità, significa fare a cazzotti con la realtà e la logica, significa offendere migliaia di donne e uomini che con questi salari sono relegati a una condizione di estrema indigenza, pur lavorando. Significa lasciarli nelle more di una precarietà e di un ricatto psicologico e materiale. Se questo è il disegno di sviluppo e di società che hanno chi si oppone ai referendum e prova addirittura a sabotarli invitando all’astensione, la Cgil continuerà a stare in campo qualunque sarà l’esito dell’appuntamento elettorale dell’8 e 9 giugno. Toccherà ad altri spiegare a lavoratrici e lavoratori che questo è il lavoro e il salario dignitoso di cui parla la nostra Costituzione. Per questo rinnoviamo a tutti l’invito ad andare a votare e votare cinque Sì, per togliere dal ricatto del reddito e anche della cittadinanza – le due condizioni su cui agiscono interessi speculativi ignobili - migliaia di persone”.

Risorse

02-02-2017 09:07:50

tabella salari in Puglia

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