Classifica qualità della vita, Cgil: Sud ha bisogno di investimenti e servizi pubblici, il Governo fa l'opposto

Il commento della segretaria generale Gigia Bucci al reporto annuale del Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane: "Altro che autonomia differenziata, qui serve presenza dello Stato, contrasto alle mafie, azioni per lo sviluppo e il lavoro, welfare"

05-12-2023 12:12:26

Come ogni anno le classifiche che hanno l’obiettivo di misurare la qualità della vita nei territori tengono banco anche nel confronto pubblico. Ultima in ordine di tempo quella del quotidiano economico il Sole 24 Ore, che relega la provincia di Foggia all’ultimo posto e vede le altre province pugliesi – in particolare Taranto, Brindisi - non poter vantare di certo una straordinaria performance.

Al netto, come detto in premessa e come ricordano gli esperti, che i dati statistici non sono mai auto evidenti, conta la costruzione, la valenza e i pesi che si danno agli stessi, e che il concetto di qualità della vita è di per sé fortemente soggettivo e multiforme, una riflessione nel dettaglio su alcuni indicatori è possibile farla. Ed è necessaria per trarne letture politiche e sociali su contesti e interventi necessari per invertire la rotta.

Non c’è da stupirsi se un territorio come la Capitanata paghi un costo elevatissimo alla presenza di organizzazioni criminali: una provincia dove confliggono e alternativamente collaborano gruppi mafiosi come la Società, i clan garganici, le consorterie malavitose del Basso e Alto Tavoliere.  Dove il Comune capoluogo e altri quattro tra i più grandi hanno visto le proprie amministrazioni sciolte per infiltrazioni. Dove Foggia è la peggiore per denunce su riciclaggio di denaro. Serve allora la presenza dello Stato, l’azione giudiziaria e repressiva, che pure c’è ma non basta. Serve anche una risposta in termini di crescita economica, di opportunità occupazionali, di attrazione di investimenti che a loro volta sono per forza di cose legate alla vivibilità dei contesti in cui le imprese devono localizzarsi. E non è un caso se sempre Foggia è tra le peggiori province per numero di Neet, giovani evidentemente sfiduciati non inseriti in percorsi lavorativi e nemmeno di formazione. Chi può emigra, spopolando le città.

E se nella Bat tra le peggiori performance c’è quella relativa al valore aggiunto pro capite, determinato da settori prevalenti quali agricoltura e servizi che trascinano con sé anche bassi salari, non stupisce il conseguente dato negativo relativo all’indebitamento medio, soprattutto in una fase dove è esplosa inflazione e costo della vita.

E in territori come quelli meridionali dove i sistemi di welfare registrano protezioni più basse che in altri territori, così come servizi pubblici di supporto alla genitorialità, non stupisce che Bari e la Bat sono tra le province con il più alto gender gap occupazionale, perché alla fine il lavoro di cura ricade prevalentemente sulle donne. Per ragioni culturali e perché in un mercato del lavoro dove ancora evidenti sono le discriminazioni salariali e relative alla stabilità occupazionale, è più facile che sia la donna a rinunciare al proprio impiego o ad accontentarsi di un part time imposto. Un dato esplicativo anche quello che vede la provincia di Foggia agli ultimi posti per numero di giornate retribuite a tempo pieno per le lavoratrici, che sul totale annuo di 312 si attesta ad appena 56 giornate.

Occorre non fermarsi alla mera lettura dei dati, alla polemica sterile, anche perché non ci piovono addosso dal nulla alcuni indicatori, che sono noti e diffusi puntualmente dall’Istat. Quel che serve sono le risposte politiche e amministrative: serve un impegno maggiore della Regione e dei sindaci per quel che compete la loro gestione. Le priorità sono la qualità della vita dei singoli cittadini e non i lauti bonus di fine mandato. Serve cogliere al meglio ogni occasione di spesa, capacità progettuale, controllo degli investimenti.

Ma non possiamo non chiederci assieme quali strategie ha il Governo nazionale per il Mezzogiorno oltre la logica accentratrice e di potere che sta portando avanti, dalle Zes alla gestione delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione. Che sostegno immagina di dare alla crescita dei servizi se taglia progetti per ospedali di comunità e asili nido, rimandandoli e fantomatiche altre fonti di finanziamento. Come si pensa di operare per le aree interne, la tenuta dell’assetto idrogeologico, la difesa dei piccoli centri in territori – è il caso proprio della provincia di Foggia - dove su 61 comuni ben 31 sono sotto i tremila abitanti. Come si raccorda un’azione governativa che promuove l’autonomia differenziata quando la priorità per l’Europa – sancita nel suo piano Next Generation e tradotta in Italia nel Pnrr – è la coesione territoriale. Lo storico gap Nord-Sud del nostro Paese è la ragione che ha visto destinare all’Italia la fetta più grande dei finanziamenti decisi a Bruxelles. Come si conciliano tutto questo con i tagli alle protezioni sociali e in primis alla sanità, che già nel Mezzogiorno e nei nostri territori non è in grado di garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza.

Nessuna politica industriale per dare risposte all’attrazione di investimenti e alla gestione delle tante crisi produttive. Nessuna idea di sostegno ai redditi, con salari e pensioni lasciati in balia di un’inflazione che rallenterà anche, ma si è mangiata gran parte dei redditi delle famiglie che hanno dovuto ricorrere in molti casi all’indebitamento. Come si concilia il mancato rifinanziamento al fondo per il sostegno agli affitti con la crescita delle povertà e l’elevato numero di sfratti per la cosiddetta morosità incolpevole.

Sono le emergenze che ci hanno spinto a scioperare in tutto il Paese, al Sud il primo dicembre, insieme alla Uil. Sono i temi sollevati da soggetti di una rappresentanza sociale costituzionalmente riconosciuta e che reclama risposte per le persone: lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, giovani, cittadini tutti, che vogliono continuare a vivere e operare nelle proprie città, nei propri territori. Dove - se la qualità della vita potrà anche essere soggettiva - le difficoltà legate a costi della vita, lavoro, servizi pubblici, è oggettiva e reclama un protagonismo dello Stato. Per una volta si guardi agli ultimi, a partire dal Sud, alle persone e a chi lavora.  Invece di favorire chi ha di più, chi fa extra profitti, speculazioni, evasione fiscale, filigrana della natura anti sociale e corporativa di questo Governo delle destre.


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