"Da Confindustria ci aspetteremmo che...". La Cgil sull'assemblea degli industriali a Taranto

25 -09-2015

La scelta di Confindustria di svolgere il suo Consiglio Generale nazionale a Taranto può essere interpretata come un segno di attenzione verso un territorio profondamente in crisi, ma che presenta grandi opportunità di rilancio, se verranno praticate le scelte giuste.

Con Confindustria Taranto abbiamo avviato una discussione unitaria che ha prodotto la stesura di un protocollo che prova a tracciare alcune direttrici indispensabili per la costruzione di un nuovo modello di sviluppo che riguardi Taranto, ma sia un riferimento per l'intero Paese.

Ora si tratta di dare concretezza ai propositi condivisi e ci aspettiamo risposte adeguate, in maniera da rendere esplicito il grado di convinzione con la quale l'Associazione degli industriali sosterrà tali obiettivi, scegliendo di non scadere in logiche corporative e nella difesa di interessi di parte.

Si tratta di un banco di prova per determinare un processo virtuoso di innovazione e al tempo stesso per determinare un rapporto positivo con i temi del risanamento ambientale e la tutela della salute dei cittadini.

In questo quadro è decisivo il ruolo del Governo italiano rispetto all'idea di politica industriale e di rilancio del Mezzogiorno.

La fotografia tracciata anche da Svimez conferma quanto andiamo sostenendo da tempo e cioè che è assolutamente necessario e non più rinviabile finalizzare ogni sforzo, a partire dal Governo nazionale, a rendere prioritaria la questione meridionale, attraverso investimenti che diano segnali forti in termini di creazione di nuova e buona occupazione, evitando di pensare solo a sgravi ed incentivi che l’esperienza, compreso quella in corso, ha dimostrato che al sud non funzionano.

Attendiamo di conoscere gli impegni del Governo più volte annunciati e che devono andare al di là dell'utilizzo delle sole risorse comunitarie. La CGIL ha già lanciato la sua campagna di proposte che attraverserà tutto il Paese nell'ambito dell'iniziativa Laboratorio Sud e insiste perché il protagonismo meridionale si concretizzi in una forte alleanza delle Regioni del Sud fra di loro e con le forze della rappresentanza sociale ed economica. Per questo auspichiamo che l'accordo raggiunto fra i presidenti delle giunte regionali non si limiti alla questione del referendum contro le trivellazioni, ritrovando invece una grande capacità di progettare, proporre e intervenire insieme.

Il territorio di Taranto è diventato esso stesso il paradigma della crisi. Un territorio ricco di complicazioni, a partire dall’annosa e, ormai troppo nota, vicenda ILVA, attraversata da una situazione di grande difficoltà finanziaria e produttiva, ma che non costituisce l'unico banco di prova.

A Taranto, più che altrove, si avverte il bisogno di recuperare una nuova idea strategica partendo dalla trasformazione del modello produttivo. Taranto ha bisogno di ritrovare la propria strada e di scelte coraggiose da parte di chi avverte davvero la responsabilità di promuovere e praticare il cambiamento.

Se l’alternativa al modello di sviluppo ci si limita solo ad evocarla, senza capire bene in cosa consista, il rischio è rimanere fermi e dunque impantanati in quella condizione dalla quale ognuno vuole uscire. Dunque occorre uno sforzo a non considerare ogni vertenza aperta sul territorio un problema slegato dal contesto. Tanto l'ILVA e il suo indotto, quanto Teleperformance, il Porto, l'Arsenale, il manifatturiero, il sistema terziario sono questioni che si incastrano e disegnano insieme la tenuta di un sistema in maniera complessiva.

In gioco è l'assetto di un territorio che parla di prospettiva all'intero Paese.

Se non si parte da questo assunto, non si comprende la necessità di sviluppare una strategia che giustifichi la difesa di un patrimonio produttivo esistente seppure nella logica di una sua trasformazione, che passa dalla scommessa dell'ambientalizzazione del centro siderurgico. Lo Stato deve dimostrare concretamente cosa intende per sito di rilevanza strategica, difendendo e rilanciandolo attraverso investimenti non solo a botta di decreti.

Le istituzioni tutte, a partire da quelle del territorio, devono agire nella convinzione che la scommessa dell'ambientalizzazione sia una strada percorribile, altrimenti è una scommessa senza senso ed è persa in partenza e allora sarà bene occuparsi di fare altro, senza perdere tempo.

In una situazione di grande incertezza, in cui non vi è riferimento ad alcuna prospettiva industriale, in cui non si affronta il tema della capacità produttiva dello stabilimento e che produce segnali molto preoccupanti dall’interno dello stesso, la CGIL ritiene che vadano intanto recuperati i ritardi accumulati sul tema delle manutenzioni degli impianti, nella convinzione, che per salvaguardare questo sistema produttivo sia prioritario tutelare le condizioni di lavoro e l'occupazione di tutte quelle professionalità espresse nel vasto sistema dell'appalto.

Occorre insomma aprire un grande confronto sul piano industriale dell'ILVA, che chiarisca definitivamente quale sia la prospettiva industriale dello stabilimento, la sua collocazione sul mercato mondiale, la sua capacità produttiva dentro il processo di ambientalizzazione. Una discussione, insomma, che assuma la sfida del cambiamento e chiarisca definitivamente se un futuro per lo stabilimento esista davvero.

La difesa del patrimonio produttivo, però, va anche oltre L'ILVA e guarda a ad un processo di diversificazione, vero antidoto alla crisi. Dalla manifattura, all'economia del mare, passando per la rivalutazione attenta delle opportunità che possono derivare da avere qui un turismo strutturato, una agricoltura di qualità, un artigianato e un commercio tutelati.

Si dica ad esempio se l’asse porto-aeroporto prospettata per Taranto è ancora una via spendibile nell’ottica del progetto di diversificazione economica di questa provincia o no; o se il traffico container possa passare da qui, perché Taranto costituisca davvero la porta dell'Europa nel Mediterraneo.

Si dica ancora se le migliaia di posti di lavoro messi in bilico nelle numerose vertenze, scaturite dal disimpegno di tutte quelle imprese che hanno investito godendo dei benefici economici messi loro a disposizione e poi hanno deciso di abbandonare il territorio, possa essere affrontata  qui dicendo che Taranto, la Puglia e l'intero Mezzogiorno, non sono terra di conquista; un territorio da cui prendere e scappare.

Un modello che faccia del settore agricolo un pezzo di economia aggiuntiva su cui innestare i propositi di uscita dalla crisi.

Ma questo significa investire sulla trasformazione agroalimentare e sull'accorciamento della filiera, sulla qualità e sulla legalità e intervenire per sottrarre il settore dallo sfruttamento del caporalato in versione 2.0 (vaucher, agenzie di somministrazione, pullman granturismo per camuffare pratiche antiche di schiavitù).

Un modello che difenda il nostro made in Italy e il nostro made in Puglia, salvando il comparto del mobile imbottito, ma anche l’industria tessile, perché costituiscono eccellenze riconosciute in tutto il mondo e che offrono valore aggiunto all'economia del nostro Paese.

Un modello che attragga nuovi investimenti, pubblici e privati, che si occupi di recuperare un patrimonio storico, artistico e culturale, dal valore inestimabile.

Investimenti che possono contribuire a rimettere in piedi un settore come quello dell'edilizia, ancora ricco di maestranze specializzate e che sta pagando il prezzo della crisi.

Risolvere i problemi ambientali del territorio, a partire dalle bonifiche, non vuol dire restare immobili, ma, al contrario, intercettare le opportunità di sviluppo e gestirle diversamente da come si è fatto in passato.

Significa promuovere gli investimenti per il bene comune, favorendo la via alta dello sviluppo, quella in cui la qualità della vita delle persone, l'innovazione, la conoscenza, il valore del lavoro diventano gli strumenti con cui competere nel mondo.

Taranto 23/09/2015

Giovanni Forte, Segretario Generale CGIL Puglia                                                                                   Giuseppe Massafra, Segretario Generale CGIL Taranto


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